Paolo Riva da Area del 17 giugno 2005
Nel suo quarantaduesimo anno di servizio, come mascotte-icona della multinazionale del fast food Mc Donalds, il clown Ronald Mc Donald cambia faccia. Dopo averci invitati per decenni a festeggiare il nostro compleanno in sua compagnia, fra hamburger e patatine, ora il simpaticone in tuta gialla ha deciso di cambiare vita e di darsi allo sport. È in vesti dinamiche e salutistiche che lo vedremo nella prossima campagna pubblicitaria, intento a promuovere il consumo di frutta e uno stile di vita attivo e pieno di movimento. Non che la Mc Donald’s abbia improvvisamente deciso di prestare il proprio personaggio per qualche campagna di pubblica utilità, no, è semplicemente che, preoccupati dalla crescente attenzione del pubblico per i problemi legati al soprappeso e al cibo sano, i vertici dell’azienda hanno deciso di dare una rinfrescatina al look. Chi frequenta questi ristoranti se ne sarà accorto che il menu ha già subito modifiche in questo senso, ma dopo aver comunicato a servire cibo più equilibrato per tranquillizzare i genitori, è giunta l’ora di informare anche i bambini, che di fatto sono i clienti di domani, e per tanto vanno coccolati e non poco. Ecco allora scendere in campo Ronald impegnato nel gioco del calcio, sullo skateboard, su un campo di basket o in montagna alle prese con lo snowboard. Tutti gli sport vanno bene purché ci si muova e, poi, facciano venir fame…!
La notizia di un’azienda che promuove questo genere di messaggio è, di per sé, buona. Nessuno ha da ridire con una tale promozione, ma proprio le aspre critiche piovute sul gruppo nel recente passato offrono spazio per una riflessione: si tratta di una scelta obbligata dalla pressione dell’opinione pubblica, oppure è frutto di una ricerca di mercato che ha corretto gli orientamenti del gruppo di fronte a mutate abitudini alimentari della clientela?
Potremmo chiaramente fregarcene di trovare una risposta a questo interrogativo, accontentandoci del fatto che il cibo servito sarà migliore, punto e basta, chi se ne frega del perché. Non fosse che qualcuno sta già sollevando interrogativi circa le reali mire di Mc Donald’s, che avrebbe architettato questa campagna solo come specchietto per le allodole. Questo qualcuno è Samantha Heller, nutrizionista e fisiologa dell’università di New York, la quale fa notare che, una volta nel ristorante, le promozioni attrattive per i giovani, quelle per intenderci che comprendono regali gadgets e ammennicoli vari, sono comunque sempre e solo legate al consumo dei cibi tradizionali (hamburger e patatine), mentre i cibi, chiamiamoli sani, non beneficiano mai di particolari esche. La Heller chiede allora un gesto di ulteriore buona volontà alla Mc Donald’s, sotto forma di un Happy Meal a base di insalata, frutta e giocattolo. Questo sì che, secondo la signora Heller, dimostrerebbe un vero e proprio cambiamento di rotta del colosso degli hamburger. Alla luce di questo fatto, l’interrogativo di cui sopra, che poteva sembrare puro pesar di fumo, assume un’altra dimensione, e trovare una risposta ricopre un certo interesse, almeno per coloro che sono interessati a scoprire il loro vero ruolo e peso all’interno dell’economia. La differenza fra le due risposte a disposizione sta tutta qui: nel nostro vero ruolo. Siamo motori capaci di provocare cambiamenti, oppure veniamo solo usati? Ripeto: non ho la risposta, e anche se credo in un certo qual potere delle masse, attualmente ho la sensazione che chi fa il mercato (il marketing) in qualche modo ci abbia in pugno.
Dunque, pur plaudendo ai menu più sani di Mc Donald’s, invito tutti a continuare a vederla come un’azienda che deve generare profitti, e di conseguenza mi auguro che non bastino un’insalata e un po’ di frutta a farci abdicare dalle nostre responsabilità. Loro sfruttino pure il mercato, è il loro lavoro, noi stiamo con gli occhi aperti, pronti a difendere i nostri interessi. Se non lo facciamo noi, non lo farà nessuno al nostro posto, nonostante le apparenze.