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Io che amo solo te

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La locandina del film accanto a “L’alimentaria” di Soverato (Cz).

Ieri sera sono andato al cinema. Non un cinema qualunque. Il Supercinema di Soverato. Sala unica, rinnovata recentemente. Recentemente. Mah, negli ultimi dieci anni almeno. Seggiolini comodi ricoperti di stoffa rossa. Possibilità di acquistare patatine e morositas alla cassa. Un cassiere con due amici che gli tengono compagnia. Ingresso sette euro, ridotto sei euro. Tre film al giorno. Alle diciassette per i bambini e alle diciannove e alle ventuno per gli adulti. Non ho alternativa. Vado a vedere alle diciannove il film “Io che amo solo te”. Già il titolo promette male, per non parlare della locandina. Un ragazzo e una ragazza su una vespa. Dei cuori nella grafica. Con me in sala una coppia di ventenni e una signora anziana con la figlia. Nella balconata sento le voci di ragazzini che scherzano ma dalla mia posizione non riesco a vedere nessuno. Il film è ambientato in Puglia, tutto recitato con forti accenti del sud. Lunghe inquadrature sui paesaggi marini molto belli, e smaccati inserimenti di prodotti commerciali a fini pubblicitari (il lungo e toccante momento in cui Scamarcio beve una Red Bull sugli scogli è da manuale). In poche parole la trama è che lui e lei devono sposarsi. Lui è Scamarcio, lei non l’ho riconosciuta. Lui è figlio di industriali ricco lei viene da una famiglia più povera, cresciuta da una madre sola con uno zio galeotto. La madre di lei e il padre di lui sono sempre stati innamorati ma le contingenze non hanno permesso che l’amore si compisse ed è rimasto un amore segreto fatto di languidi sguardi in chiesa e incontri furtivi fra gli ulivi solo allusi. La madre di lui è una stronza, lo si capisce perché tratta male la madre di lei che invece è spirituale e profonda, lo si capisce perché con la voice over si rivolge al mare e al vento. Arriva la vigilia del matrimonio, lui per scaricare la tensione copula con una vecchia fiamma dai capelli rossi, lei limona con il fotografo sopraggiunto per il servizio fotografico. Poco prima del matrimonio lei trova un capello rosso segno del tradimento nella macchina di lui, lui scopre sul collo di lei il segno della rottura dei capillari superficiali dati da un bacio con aspirazione (anche detto in gergo “succhiotto”). I due decidono di sposarsi comunque e man mano che la cerimonia avanza capiscono di amarsi davvero, nonostante tutto. Due le sotto-trame principali degne di nota, il fratello della madre di lei, galeotto si presenta a casa il giorno del matrimonio, dice di aver scontato la pena e gli viene proposto di accompagnare la sposta all’altare (invece che lo zio torinese a cui era stato assegnato quest’onore), si scoprirà invece che non ha finito di scontare la pena ma che è fuggito di prigione per assistere al matrimonio della nipote. Quindi criminale ma con un forte senso della famiglia. Il fratello di lui invece è gay non dichiarato, si presenta al matrimonio con un’amica lesbica (si capisce che è lesbica perché stringe forte la mano alla gente e rutta sonoramente, poi si dichiara e dice che le piace la figa). I due fingono di essere una coppia. Il padre però lo scopre scopare con un suo collega in affari, più anziano e sposato, nei cessi del ristorante proprio mentre si sta svolgendo il ricevimento. Allora ne approfitta per dichiarare la sua omosessualità a tutti, prima del taglio della torta, e tutti si vogliono di nuovo bene. C’è anche la Littizzetto in un ruolo secondarissimo e una cantante, credo di xfactor, o di amici che fa un cammeo ma non ho capito chi fosse (l’ho letto nei credits). Fatta tara della trama scontata, delle inquadrature al servizio dell’ente turistico locale, della recitazione dialettale e dilettantesca, dell’eccesso di buoni sentimenti, del nazionalpopolarismo che pervade ogni inquadratura (il mare, la vespa, gli ulivi, la chiesa, il pesce, l’Italia, il sud), della melassa che ricopre il tutto, e considerato che sono in un periodo di instabilità emotiva che c’ho le lacrime facili, mi sono anche emozionato un paio di volte.

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L’interno del Supercinema di Soverato.

Alberto Meroni: fra ciak e lasagne

Intervista apparsa sul quindicinale satirico “Il diavolo” in edicola oggi

Vi ricordate la pubblicità del Diavolo di qualche anno fa? Ecco, l’ha fatta Lui. E quella dell’ottico con il prete e la escort? Opera Sua! Linea rossa il talk dei giovani sulla RSI? C’è il suo zampino. Il cortometraggio ecologista “Ombre” che ha sbancato i festival di mezzo mondo? È sempre Lui il regista. Persino sul dvd dei Frontaliers è riuscito a mettere mano. Si ma Lui chi è? Lui è Alberto Meroni, uno splendido trentenne che al cinema e ai suoi derivati ha dedicato la vita e che si definisce “iperattivo e dislessico”. Cercheremo di conoscerlo meglio in queste pagine di intervista che da un po’ di tempo a questa parte stiamo dedicando ai protagonisti emergenti del cinema sudalpino: Erik Bernasconi, Bindu de Stoppani, Lorenzo Buccella, Niccolò Castelli e in questo numero… Alberto Meroni!

Ciao Alberto, grazie per averci dedicato un po’ di tempo, riesci a presentarti in al massimo quattro righe?
Ok, ci provo. Scena 1 presentazione prima… ciak! Sono un regista indipendente di pubblicità, documentari, programmi televisivi e fiction. Sono attivo, nel senso che pago le tasse grazie a questo lavoro, da 16 anni ovvero da quando avevo 16 anni… ora ne già 34. Oddio, non ne avevo mai avuti così tanti! In questi anni ho realizzato davvero migliaia di lavori e alcuni, i più personali, hanno ricevuto decine di riconoscimenti internazionali… Continua la lettura di Alberto Meroni: fra ciak e lasagne

Intervista al regista più alto della Svizzera Italiana: Niccolo Castelli

Intervista pubblicata sul quindicinale satirico “Il Diavolo“.

Non solo regista, ma anche ecologista e un po’ paranoiko (è anche il nome della sua casa di produzione), Niccolo Castelli, classe ’82 è un soggetto socialmente pericoloso. Non potevamo non inserirlo nella serie di interviste dedicate a quanto di nuovo si muove nel panorama del cinema ticinese (si muove qualcosa nel panorama del cinema ticinese? Esiste un panorama del cinema ticinese? Boh!).

Ciao Nic, come’è che sei diventato così alto?
Mia madre dice che è perché mangio tante mele. Secondo me è perché sono ultimo di quattro fratelli e per farmi notare da piccolo son dovuto crescere a dismisura. Oppure è perché avevo quattro anni quando c’è stato Chernobyl e io in quel periodo mangiavo tanta insalata.

Cosa non fa un po’ di Cesio nell’alimentazione di un infante! Raccontati in duecento battute.
Spettinato, alto e un po’ gobbo. Cresciuto fra Porza, Maloja e gli studi di Rete3 (che sono stati la mia seconda casa a partire dai 15 anni). A scuola bigiavo, ma ero furbo abbastanza per non farmi bocciare. Poi laurea a Bologna e master in cinema a Zurigo. Il tutto condito da musica, radio e cinema. Sono più di duecento vero?

Si, sono più di duecento… ma sorvoliamo. Come sei diventato regista?
Lo devo al mio prof. di visiva delle medie, Giorgio Hofmann, che mi ha chiesto di disegnare il mio film preferito (a quel tempo era «L’attimo Fuggente») e mi ha proposto un corso sul mondo della TV con Stefano Ferrari. Contemporaneamente il mio maestro di ginnastica delle medie, il “Grillo” mi ha fatto una copia delle chiavi della sala di montaggio delle medie di Canobbio (erano i tempi del tape-to-tape). E da quella sala non ne sono più uscito. Continua la lettura di Intervista al regista più alto della Svizzera Italiana: Niccolo Castelli

Sinestesia: cinema made in Ticino – non solo affari di Famiglia

Lancio del film Sinestesia per "Il Diavolo", quindicinale satirico

Non solo “Affari di Famiglia”
Esce “Sinestesia” del giovane regista Erik Bernasconi

Per quei pochi lettori del Diavolo che non sono soliti abusare di sostanze allucinogene, può essere utile spiegare che la sinestesia è un fenomeno sensoriale per cui si associano, contaminandoli, due sensi. Vedere un suono o sentire il profumo di un colore sono fenomeni sinestetici. Ma perché questo sfoggio nozionistico gratuito? Perché “Sinestesia” è anche il titolo del primo film del giovane regista ticinese Erik Bernasconi che uscirà nelle sale a partire dal prossimo 26 marzo. Sapete bene quanto sia difficile fare un film, farlo in Ticino, farlo da giovani e farlo se non si hanno agganci politici. Lui c’è riuscito, e lo ha fatto davvero bene, ed è pure abbonato al Diavolo. Continua la lettura di Sinestesia: cinema made in Ticino – non solo affari di Famiglia

Cinema Teatro Asilo Sonvico alla Notte del Corto al Lux

Il tour 2009 porterà la Notte del CortoMetraggio anche a Sud delle Alpi, al Cinema Lux di Massagno.

Il 23 ottobre, a partire dalle 18 verranno proiettati dozzine di cortometraggi provenienti da tutto il mondo divisi in "sottoprogrammi" tematici. 

Nel primo blocco, con inizio alle 18’00, troverà spazio anche il mio:

Cinema Teatro Asilo Sonvico

Realizzato per il concorso "Storie di cinema, storie di sale" indetto in occasione dei 50 anni del Cinema Lux di Massagno e che ricostruisce una parte dell’esperienza di cinema oratoriale a Sonvico.

Maggiori informazioni

 

Storie di Cinema, Storie di Sale

Storie di Cinema, Storie di Sale 

proiezione di alcuni cortometraggi partecipanti al concorso "10 anni del Cinema Lux"

CineMan – di Tobia Botta
Cinema Teatro Asilo Sonvico – di Olmo Cerri
CineMolino – una sala che r-esiste di Olmo Cerri e Ludovica Muller

Ve 12 giugno 09 – CSOA il Molino di Lugano
proiezione alle 21’00 + extra – www.ecn.org/molino

Ve 19 giugno 09 – Fabbrica di Losone
proiezione al termine della serata tiKINO’ (21’00) a tema "Arte" – www.tikino.ch 

Info: om.noblogs.orgmomollywood.com
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