Biocapitalismo: Faccio il volontario da McDonald’s

Articolo apparso su Voce Libertaria del 1° maggio 2010. Se ancora non lo avete fatto: abbonatevi! (le note a pié pagina sono inserite come link ipertestuali) 

Se vi dicessi che passo il mio sabato pomeriggio a fare volontariato presso Mc Donald’s non vi sembrerei un po’ strano? Forse passerei per “scemo” e verrei additato come “controrivoluzionario”. Eppure quella di dedicare parte del proprio tempo libero offrendo i propri servigi a multinazionali è una tendenza che mettiamo sempre più spesso in atto, magari senza rendercene nemmeno conto. Il lavoro si estende e riempie tutti gli interstizi della nostra esistenza.

Ikea e le sue cazzo di Billy
Ci sono alcuni esempi lampanti di questo meccanismo con cui l’economia finanziaria ha pervaso le nostre vite, facendoci lavorare gratuitamente per aumentare i dividendi dei consigli di amministrazione. Il modello di organizzazione aziendale di Ikea è significativo: quando compero una libreria Billy, per appoggiare gli ultimi due volumi editi da “La Baronata”, Ikea scarica su di me tutta una serie di incombenze. Prima di tutto devo sceglierla, prendere le misure ed eventualmente occuparmi di abbinare modelli, colori ed optional. Poi devo andare a cercarmela in magazzino, toglierla dagli scaffali e portarla con il carrello fino alla cassa. Dopo aver pagato me la trascino fino a casa, la trasporto per tre rampe di scale fino al mio appartamento ed infine perdo un pomeriggio fra istruzioni, vitine che mancano e chiavi che si sbriciolano alla prima pressione, per montare il mobile che ho comperato. Fino a pochi anni fa tutte queste incombenze erano delegate a chi mi vendeva il prodotto, che si occupava di farmelo trovare pronto per appoggiarci i libri. Ikea invece fa lavorare i suoi clienti, giustificando questo con il prezzo più basso. Ma ne siamo poi sicuri? Se la paga media in Ticino, per 240 ore di lavoro è stata nel 2004 di 4’823 ciò significa che il valore medio di un’ora lavoro equivale a circa 30 franchi. Se dedico 3 ore per una libreria dal prezzo di listino di 59’95, significa che mi è costata il 150% in più. Ikea esternalizza una serie di costi trasponendoli nella sfera privata del consumatore, risparmiando annualmente, secondo stime attendibili, almeno 500 milioni di dollari.

Lavorare gratis, lavorare tutti. Sempre!
Faccio il biglietto del treno al distributore automatico. Il principio è lo stesso: per qualche minuto faccio le veci del “venditore di biglietti”, scelgo la tratta, valuto gli abbonamenti in mio possesso, consulto gli orari, pago, mi stampo il biglietto e ritiro il resto. Non ho scelta, le file ai pochi sportelli rimasti vengono tenute artificialmente lunghe. Poi prelevo qualche soldo al bancomat e compero mezzo chilo di frutta pesandola da me alla bilancia automatica della grande magazzino. Tutte queste azioni che dovrebbero venir svolte da qualcun’altro le varie aziende le fanno compiere a noi. Il self-service al fast-food, i voli aerei trovati su internet, ma anche il semplice sfogliare un settimanale gratuito con il conseguente assorbimento di pubblicità sono tutti lavori che svolgiamo regolarmente e gratuitamente per conto di qualcun’altro. Ma è nella rete che la tendenza viene portata all’eccesso. Le ore che dedichiamo a gestire le nostre relazioni su Facebook possono essere considerate come regali che facciamo alla Facebook Inc, azienda con un valore stimato di almeno 10 miliardi di dollari e che guadagna grazie alle informazioni iper-dettagliate che gli vengono offerte dei suoi utenti.

Lavoracci posfordisti
Una delle cose che un computer ancora fatica a fare è quella di comprendere il significato di un’immagine fotografica presente online. La sezione immagini del motore di ricerca google, per archiviare i documenti che ha in memoria, fa riferimento a metadati riferiti all’immagine come per esempio il nome del file o il testo che è contenuto nella pagine. È molto difficile automatizzare questa azione, alcune aziende lo fanno fare ad eserciti di cyber-schiavi, i cosidetti “turk”che davanti ad un computer in ogni parte del globo, per meno di due dollari a settimana, taggano, schedano e suddividono migliaia di immagini digitali. Google ha scovato un metodo per far fare questo lavoro in maniera gratuita ai suoi utenti, ha proposto Image labeler, si gioca in due, connessi con un utente anonimo scelto a caso. Un’immagine viene estratta dal database e ognuno deve proporre delle “etichette” che descrivano l’immagine sfidando il partner a trovare etichette comuni. In questo modo Google capisce che cosa è rappresentato dall’immagine proposta: due etichette uguali identificano il contenuto in maniera biunivoca. Esteso su centinaia di utenti questo gioco può portare un valore aggiunto estremo al motore di ricerca. Tutto senza spendere un centesimo, semplicemente cooptando l’intelligenza collettiva degli utilizzatori di google.

Biocapitalismo
È il biocapitalismo che viene messo in gioco in quest’epoca posfordita. È la nostra vita, le nostre relazioni, gli affetti, l’identità, le nostre passioni e conoscenze e, in generale, tutte le cose che fanno di noi esseri vitali, che vengono vampirizzate dal dispositivo capitalista basato sulla “messa al lavoro” del consumatore. Non solo nelle otto ore canoniche. ma durante tutto l’arco della nostra esistenza, anche perché le nuove forme di produzioni, basate su sistemi reticolari planetari, sono basate sulla comunicazione e sul linguaggio. Queste due competenze sono estremamente personali ed intimamente legate al lavoratore. Il linguaggio ce lo portiamo appresso, è uno strumento di lavoro che è anche strumento di vita e questo fa si che non si stacca mai dal lavoro e che ci trasforma in “capitale umano”. E, in questo numero dedicato al primo maggio, vale forse la pena chiedersi se, i sindacati e i gruppi che tradizionalmente sono stati preposti alla difesa della classe lavoratrice, hanno gli strumenti adeguati per capire e comprendere queste nuove forme di lavoro o è forse ora di organizzarci e cercare degli strumenti di autodifesa collettiva “altri” e adeguati all’epoca in cui viviamo. Chiudere il proprio account Facebook potrebbe essere il primo passo.

Cfr: Il bio-capitalismo, Lo sfruttamento integrale di corpi, cervelli ed emozioni, Vanni Codeluppi, Bollati Boringhieri (2008)

Aggiornamento (giugno 2010):

Per la ripublicazione sul Diavolo dell’articolo originariamente apparso su Voce Libertaria "Faccio il volontario da Mc Donald’s" il grafico e vignettista Christian Demarta ha realizzato quattro divertenti vignette che volentieri pubblico qui.

 

 

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