Dalla fortezza europa al regno del re del Marocco, il passo e breve, o lunghissimo, a seconda della direzione in cui lo si compie. Il posto di frontiera e squallido come tutti i posti di frontiera. Il lungo muro di filo spinato si apre in un lungo corridoio di asfalto sbroccato. Una fiumana di gente che corre carica di sacchetti di plastica nera (che poi vedremo dappertutto in grande quantita, ai bordi delle strade, impigliati fra i rami degli alberi) fra le auto strombazzanti. Nei sacchetti soprattutto grandi pacchi di fazzoletti tempo, pannolini, prodotti cosmetici e coperte. Qualcuno nella folla ci mette in mano un modulo bianco e una penna. Ricopiamo i dati del passaporto sulla fotocopia sbiadita. Poi una lunga fila davanti ad uno sportello, che pero procede abbastanza spedita. Il doganiere, marocchino e annoiato butta il nostro modulo sopra ad un mucchio e timbra il passaporto. Di dogana europea nemmeno l ombra. E poi ancora a passo spedito, quasi a corsa fino al prossimo blocco.
Ci avvicina quasi subito il primo tirbidoni marocchino, e noi, nonostante lq netta sicurezza di starci facendo fregare, lo lasciamo cambiare presso un suo amico i nostri 10 euri e accettiamo la richiesta di 20 dirahm per averci accompagnato (non richiesto) alla fermata del bus. Arriviamo a Nador, citta sul mare che deve la sua fortuna alla vicinanza con l enclave spagnola. Un lungomare diroccato su cui centinaia di marocchini fanno lo struscio serale (uomini e donne rigorosamente separati) qualche ristorante che frigge pesce fino a notte inoltrata, una moschea con un minareto lungo e stretto e la stazione dei bus.