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Agrumi

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Natura morta con frutta (arancia, cedro, banana, mandarino).

IL GIARDINO DELL’EDEN
o TE LA MATURI POI A CASA

In Calabria la ricchezza sta sugli alberi, e sono gli agrumi, ma oggi non li vuole più nessuno. È come il giardino dell’Eden ma puoi raccogliere tutto quello che vuoi. I mandarini ancora qualcuno li compera, vale la pena raccoglierli, ma gli aranci? Chi li vuole gli aranci? Le olive ancora, che con centro chili di olive fai dodici litri di olio e lo vendi bene, ma le arance che te ne fai? Che ogni due o tre anni li devi potare, devi darci l’acqua, il fertilizzante. Non li raccolgono nemmeno più che tanto, non li vuole nessuno. Che secondo me l’arancio è ancora più buono. Lo sbucci, lo mangi, è buonissimo. Guarda questi, con la buccia finissima che pare seta. Sono buonissimi, pieni di succo. E invece giù tutti a mangiare i mandarini, che saranno anche buoni ma a me dicono poco. Se poi li devi far raccogliere devi pagare l’operaio cinquanta euro al giorno, o almeno trenta se è straniero. In nero certo, come fai a pagarci anche le tasse se poi le arance non le vuole nessuno? Le arance non le puoi dare nemmeno ai maiali, che non le mangiano nemmeno loro. Questo invece è un cedro, non hai mai visto un cedro? Davvero non hai mai visto un cedro? Prendilo, poi a casa lo sbucci con il coltello e poi te lo mangi. Si mangia anche tutta la parte bianca. Altro che mandarini. È buonissimo! Aspetta che ti prendo un bastone per farlo cadere, o una scopa. No, no, girala, usala dall’altra parte. Quello invece è un grapfruì… un pompelmo ma non è ancora abbastanza maturo. Lì, i limoni, pian piano si stanno ingiallendo. E poi più avanti ci fermiamo dai miei cugini e ti faccio raccogliere una granata, una mela granata, un melograno. E c’ho anche le banane, vieni a vedere le banane, vengono piccoline ma son buone. Sono ancora verdi, ma prendine una, poi te la maturi a casa. Son dolci. In fondo siamo Africa, le banane. In Isvizzera non ci sono di certo le banane sugli alberi.

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Cassette per frutta in un agrumeto calabro.

Io che amo solo te

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La locandina del film accanto a “L’alimentaria” di Soverato (Cz).

Ieri sera sono andato al cinema. Non un cinema qualunque. Il Supercinema di Soverato. Sala unica, rinnovata recentemente. Recentemente. Mah, negli ultimi dieci anni almeno. Seggiolini comodi ricoperti di stoffa rossa. Possibilità di acquistare patatine e morositas alla cassa. Un cassiere con due amici che gli tengono compagnia. Ingresso sette euro, ridotto sei euro. Tre film al giorno. Alle diciassette per i bambini e alle diciannove e alle ventuno per gli adulti. Non ho alternativa. Vado a vedere alle diciannove il film “Io che amo solo te”. Già il titolo promette male, per non parlare della locandina. Un ragazzo e una ragazza su una vespa. Dei cuori nella grafica. Con me in sala una coppia di ventenni e una signora anziana con la figlia. Nella balconata sento le voci di ragazzini che scherzano ma dalla mia posizione non riesco a vedere nessuno. Il film è ambientato in Puglia, tutto recitato con forti accenti del sud. Lunghe inquadrature sui paesaggi marini molto belli, e smaccati inserimenti di prodotti commerciali a fini pubblicitari (il lungo e toccante momento in cui Scamarcio beve una Red Bull sugli scogli è da manuale). In poche parole la trama è che lui e lei devono sposarsi. Lui è Scamarcio, lei non l’ho riconosciuta. Lui è figlio di industriali ricco lei viene da una famiglia più povera, cresciuta da una madre sola con uno zio galeotto. La madre di lei e il padre di lui sono sempre stati innamorati ma le contingenze non hanno permesso che l’amore si compisse ed è rimasto un amore segreto fatto di languidi sguardi in chiesa e incontri furtivi fra gli ulivi solo allusi. La madre di lui è una stronza, lo si capisce perché tratta male la madre di lei che invece è spirituale e profonda, lo si capisce perché con la voice over si rivolge al mare e al vento. Arriva la vigilia del matrimonio, lui per scaricare la tensione copula con una vecchia fiamma dai capelli rossi, lei limona con il fotografo sopraggiunto per il servizio fotografico. Poco prima del matrimonio lei trova un capello rosso segno del tradimento nella macchina di lui, lui scopre sul collo di lei il segno della rottura dei capillari superficiali dati da un bacio con aspirazione (anche detto in gergo “succhiotto”). I due decidono di sposarsi comunque e man mano che la cerimonia avanza capiscono di amarsi davvero, nonostante tutto. Due le sotto-trame principali degne di nota, il fratello della madre di lei, galeotto si presenta a casa il giorno del matrimonio, dice di aver scontato la pena e gli viene proposto di accompagnare la sposta all’altare (invece che lo zio torinese a cui era stato assegnato quest’onore), si scoprirà invece che non ha finito di scontare la pena ma che è fuggito di prigione per assistere al matrimonio della nipote. Quindi criminale ma con un forte senso della famiglia. Il fratello di lui invece è gay non dichiarato, si presenta al matrimonio con un’amica lesbica (si capisce che è lesbica perché stringe forte la mano alla gente e rutta sonoramente, poi si dichiara e dice che le piace la figa). I due fingono di essere una coppia. Il padre però lo scopre scopare con un suo collega in affari, più anziano e sposato, nei cessi del ristorante proprio mentre si sta svolgendo il ricevimento. Allora ne approfitta per dichiarare la sua omosessualità a tutti, prima del taglio della torta, e tutti si vogliono di nuovo bene. C’è anche la Littizzetto in un ruolo secondarissimo e una cantante, credo di xfactor, o di amici che fa un cammeo ma non ho capito chi fosse (l’ho letto nei credits). Fatta tara della trama scontata, delle inquadrature al servizio dell’ente turistico locale, della recitazione dialettale e dilettantesca, dell’eccesso di buoni sentimenti, del nazionalpopolarismo che pervade ogni inquadratura (il mare, la vespa, gli ulivi, la chiesa, il pesce, l’Italia, il sud), della melassa che ricopre il tutto, e considerato che sono in un periodo di instabilità emotiva che c’ho le lacrime facili, mi sono anche emozionato un paio di volte.

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L’interno del Supercinema di Soverato.

Alliuchenit!

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Non di solo pane.

Il posto migliore, per il mangiare, in Isvizzera è stato a Lichtestain, a mezz’ora dalla dogana. C’avevo anche il biglietto con il nome ma l’ho gettato. Un cinese. Che io non mi fido dei cinesi, non avevo mai mangiato dai cinesi, ma in Isvizzera sarà certo controllato. Che con venti euro mangi quello che vuoi, carne, manzo, maiale, agnello, anche l’anitra, ho mangiato pure l’anitra, e poi il pesce, tonno, salmone, spada, gamberoni, frutti di mare, conchiglie. Quello che vuoi. Verdure, melanzane a fette, zucchine, peperoni. Insalata. Roba cinese. Venti euro. Lo scegli da dei banconi e metti il numero tre se lo vuoi piccante, uno se lo vuoi poco piccante, due se lo vuoi così così. E te lo portano al tavolo. Cucinato. E se non ti va lo lasci e lo portano via. Ti puoi alzare quante volte voi, nessuno guarda. I camerieri tutti cinesi, i cuochi italiani, o almeno, non cinesi, si vedeva. Se vuoi mangi con le bacchetto o se no ti danno la forchetta e il coltello normale. Due o tre birre dieci euro ma le paghi a parte. Che se no, a parte a Lichtestain, in Isvizzera mangiare costa caro e non è così buono. Poi eravamo anche andati in crociera. Palermo, Napoli, Savona, Marsiglia, Siviglia e Tunisi. Che mangi quanto vuoi e poi quando arrivi nei porti puoi scendere a visitare la città. Siamo scesi a Palermo, Napoli, Savona, Marsiglia e Siviglia ma a Tunisi no. A mio padre non ci piace l’Africa. E poi pioveva. Che era l’unico giorno del 2012 che pioveva in Africa e chi è sceso si è bagnato. L’unico giorno che pioveva a Tunisi nel 2012 l’abbiamo beccato noi. A Savona siamo scesi ma non valeva tanto la pena però non pioveva.

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Che li riconosci gli svizzeri sui treni

Che li riconosci gli svizzeri sui treni
bevono succo di mele
con la giacca di pile verde
se in famiglia, giocano a Uno
anche i figli adolescenti
i bambini biondi, tre
ognuno col suo zainetto
mangiano panini integrali
e bastoncini di carote
conservati in scatole di plastica
con la loro suoneria discreta
bisbigliano
presentano spontaneamente il metaprezzo firmato
assieme al biglietto.