Sabato 23 ottobre 2004, assieme a diverse altre persone ho deciso di partecipare alla manifestazione organizzata per contestare l'arrivo a Lugano di Silvio Berlusconi. Numerosi sono i motivi che mi hanno spinto a non voler accogliere questo presidente guerrafondaio, arrivista ed anticostituzionale, mi sono quindi recato, in maniera del tutto pacifica (indossando dei sandali) a Morcote davanti all'hotel che avrebbe ospitato il convegno degli "Azzurri nel mondo".
Una cinquantina di persone stavano esibendo degli striscioni, urlando slogan e distribuendo volantini. La situazione sembrava tranquilla se non fosse stata per la presenza spropositata di polizia cantonale. Dopo pochi minuti, sono giunte due camionette piene di poliziotti in tenuta antisommossa che, fucili alla mano, si sono schierati davanti a noi. Hanno iniziato a spintonarci con gli scudi di plexiglas, nonostante la provocazione nessuno ha reagito. Gli antisommossa hanno continuato a spingere fino a circondarci completamente. A quel momento hanno annunciato che per uscire avremmo dovuto presentare i documenti e farci identificare.
Abbiamo chiesto maggiori informazioni su questa ennesima arbitraria schedatura di massa, non ci è stata la possibilità di dialogare, ma poco dopo hanno estratto con violenza un ragazzo dal gruppo e lo hanno gettato per terra. Poi lo hanno portato con brutalità in un angolo nascosto. Dopo qualche tempo lo hanno lasciato andare. Poi hanno preso me, mi hanno girato con forza il braccio dietro alla schiena e mi hanno portato via. Io non ho opposto nessuna resistenza, ho spiegato loro che gli avrei comunque seguiti anche se mi avessero lasciato il braccio. Mi hanno chiesto i documenti, io li ho consegnati ed ho chiesto di poter parlare con un responsabile dell'operazione. Gli agenti mi hanno risposto "di non aver bisogno di un responsabile", hanno frugato nella mia borsa. Era presente anche una persona non in divisa, con un apparecchio fotografico che scattava delle fotografie. Gli ho chiesto se fosse della stampa o della polizia, un agente ha risposto per lui dicendo "press", scoprirò poi più tardi che tutti i fermati sono stati fotografati da questo poliziotto in borghese. Ho chiesto nuovamente il nome del responsabile dell'operazione ma non ho ricevuto risposta. Mi hanno accompagnato a poche decine di metri dalle persone ancora accerchiate e li mi hanno lasciato andare. La polizia ha continuato a portare nello stesso luogo le persone dopo i "controlli" ma ad un certo punto si sono accorti che avevano ammassato troppe persone nello stesso luogo, quindi un altro drappello di antisommossa si è spostato con l'intento di disperderci. Ad un ragazzo che stava fotografando gli eventi è stato ritirato il rullino della sua macchina fotografica.
Alla fine mancavano all'appello due ragazzi italiani, abbiamo cercato di sapere cosa era loro successo. Nessuna risposta. Abbiamo gridato che avremmo voluto parlare con un responsabile e poi ce ne saremmo andati.
Nessun responsabile ha acconsentito di parlare con noi. Una ragazza è stata malmenata e si ritrova con un occhio tumefatto.
Delusi, sfiduciati e disgustati ce ne siamo andati. La polizia e le autorità hanno dimostrato ancora una volta di non essere in grado di gestire neppure una così piccola e tranquilla manifestazione. Hanno praticato una violenta repressione contro un gruppo di giovanissimi ragazzi e ragazze, studenti ed apprendisti che escono dal cliché del giovane disinteressato dalla politica e prendono posizione su un argomento che ritengono importante. Hanno eseguito un arbitraria schedatura ed hanno sequestrato materiale che avrebbe potuto essere compromettente, senza dar seguito alle giustificate richieste di dialogo e di mediazione del conflitto.