Ormai chiunque ne ha almeno uno. Non è più uno status riservato ai manager e agli affaristi anche i poveri ne sono provvisti, anzi, soprattutto i poveri. Costretti da logiche sociali perverse ad indebitarsi o a rinunciare a beni di certo più utili per poterselo permettere. Nessuno vuole più rinunciarci, anzi nessuno muove nemmeno più critiche verso questo superfluo ed invadente mezzo di comunicazione. Dal socialista moderato all'anarchica del Bonnot, dalla piccola imprenditrice all'autonomo del Molino, dalla casalinga al lavoratore flessibile, tutt* con il proprio cellulare trillante a pochi centimetri dai testicoli (o dalle ovaie a seconda del caso), tutti quanti assieme spensieratamente fiduciosi nel fatto che nessuno studio scientifico provi in modo chiaro, per ora, la nocività delle onde elettromagnetiche. Riteniamoci quindi, primi ed unici responsabili della posa selvaggia di antenne (sopra palazzi popolari, in zone di pregio naturalistico, vicino agli asili) dobbiamo assumerci in pieno le conseguenze dei danni che i telefonini stanno provocando e potranno causare.
> Un manuale di autodifesa per tutti nel far-west dei telefonini
Il telefonino contribuisce a mantenere alta la sensazione di insicurezza, abbiamo assimilato il bisogno (creato ad hoc) di poter in ogni momento chiamare qualcuno. Un'ansiosa sensazione di abbandono ci assale quando le batterie sono scariche o quando non c'è campo. Siamo così condizionati da quest'oggetto che lo chiamiamo comunemente con il suo nome commerciale "Natel", che è un marchio registrato; ci parrebbe ridicolo dire di star facendo il bagno nella "Eptinger" oppure di aver pescato un “Findus”, per il telefono è normale.
Naturalmente sono sempre gli altri che abusano del telefonino, noi lo usiamo poco, quasi per niente, solo ed esclusivamente per questioni urgenti e di importanza vitale. Sono gli altri che fanno squillare l'importuno telefono in momenti inopportuni. Abbiamo mille scuse attendibili per giustificare la nostra parentesi nell'edonismo del postmoderno. Pensavamo che con la liberalizzazione della telefonia avremmo pagato meno le bollette ed invece ci siamo solamente messi a telefonare di più, diluendo l’informazione da trasmettere in una marmellata di “rumore di fondo” e abusando di questa innovazione tecnologica.
Il telefonino invade, con la sua scomoda presenza, componenti della sfera intima della persona. Io rivendico il diritto di non essere trovato. Mi scoccia che l'operatore telefonico possa in ogni momento, triangolando il segnale dell’apparecchio, sapere dove mi trovo, e che possa comunicare questi dati ad altre persone (per esempio utilizzando queste informazioni per indagini di mercato oppure passando questi dati alla polizia per rimpolpare i migliaia di dossier sui possibili "sovversivi"). Ora con l'obbligo della registrazione delle schede telefoniche, non c'è più nemmeno quell'illusoria anonimità che si poteva pensare di avere agli albori della telefonia mobile.
Vivo con angoscia l'intrusione che le chiamate telefoniche hanno nella mia vita, voglio essere io che decido quando voglio confrontarmi con impegni, responsabilità e problemi, non deve essere il contrario.
Mi stupisce poi l'adolescente che accetta di essere continuamente rintracciabile dai genitori, magari ascolta musica punk, si fa i piercing, fuma le canne, risponde male ai professori ma non si ribella a questa subdola forma di controllo genitoriale che è il telefonino. Non pensiamo che quella del telefonino sia una scelta personale, con il nostro irresponsabile modo di agire contribuiamo allo smantellamento della rete di cabine telefoniche: un uso collettivo, popolare, sociale ed obbligatoriamente limitato del mezzo telefonico che, tramite la rete di cabine era accessibile a tutti in ogni sperduto angolo del paese. Quindi non solo i possessori di telefonino obbligano gli sprovvisti a sorbirsi una dose di radiazioni (assumendosi solamente i lati negativi e non le comodità), impediscono, o quantomeno limitano, la possibilità di accesso universale al telefono. Non è da sottovalutare inoltre il cambiamento dei rapporti che il telefonino causa all’interno della propria ristretta cerchia sociale. Prima dell’avvento della telefonia mobile per organizzare incontri ed appuntamenti era necessario mettere in atto una pianificazione degli incontri. Ci si accordava su luogo ed orario e si era obbligati a rispettare questi accordi, pena l’esclusione dall’appuntamento. Ora è diverso, gli appuntamenti slittano con più facilità grazie al telefonino, si perdono ore a confermare e spostare incontri. Ci si chiama per chiedere dove ci si trova, o per annunciare un ritardo. Chi si assume le responsabilità di una mancanza o di un ritardo, non è più chi personalmente la commette, ma bensì chi è sprovvisto della protesi tecnologica, che si ritrova spiazzato fra cambi di programma improvvisi e impegni non rispettati. Una rete aumenta d’importanza proporzionalmente al numero dei suoi nodi, possedendo un telefono spingiamo quindi le persone che più sono vicine a noi a fare lo stesso, pena l’esclusione. Marketing virale? Processo inevitabile o bisogno indotto? Ribelliamoci.