Ieri, mi arrivato una mail da parte del "Google Video Team". Sto per cestinarla ma ci do comunque un’occhiata: mi avvertono che uno dei miei video (Ripetutamente: vita da SUPSI) è stato nascosto per presunta violazione dei diritti di copyright relativi a del materiale contenuto nel file.
Può essere interessante precisare che si tratta di un video realizzato da un gruppo di studenti di cui faccio parte, nell’ambito di un corso della SUPSI (una scuola universitaria), sotto la supervisione di un docente e che ha ricevuto vari apprezzamenti. Un esercizio didattico quindi, realizzato senza nessun tipo di scopo di lucro e all’interno di un’istituzione formativa riconosciuta, con una distribuzione limitatissima.
Ma tutto questo non importa all’onnipresente gigante gentile che grazie al suo fiammante "Content Identification tool" ha scovato la violazione e ha provveduto a bloccare l’accesso al video.
Come funziona ‘sta roba?
Chi detiene i diritti d’autore su di un’opera la può caricare in una sezione apposita e privata di youtube. Da questa viene creata un’impronta digitale, "il file di ID", che contiene alcuni parametri identificativi facilmente riconoscibili. Un programma si occupa poi di confrontare queste impronte con tutto il materiale caricato su google video e youtube. Quando trova una corrispondenza blocca l’accesso automaticamente ed invia un mail vagamente minaccioso all’utente-reo: "Repeat incidents of copyright infringement will result in the deletion of your account and all videos uploaded to that account.". L’utente può riservarsi di contestare la decisione ma, viene avvisato, di essere passibile di ulteriori sanzioni legali, citando addirittura una sezione – la 512(c)(3) – del Digital Millennium Copyright Act. Insomma, il messaggio è chiaro, meglio tacere e accettare passivamente la decisione!.
Ma questo non è l’unico scenario, il proprietario dei diritti di un video può anche decidere per una linea diversa: sfruttare commercialmente la diffusione "pirata" del suo contenuto. In accordo con google/youtube può scegliere di inserire accanto al contenuto un banner pubblicitario. Proponendo quindi uno spot "iperpersonalizzato" all’utente. Due piccioni con una fava: noi continueremo a "lavorare gratis per google" producendo contenuti e google e le case discografiche utilizzeranno questo materiale per promuoversi. Infatti così si rivolge alle major "Se sei un proprietario di contenuti interessato a partecipare al programma (…) Non vediamo l’ora di iniziare a lavorare con te."
Il sistema può essere teoricamente utilizzato per filtrare parole chiave, inni, immagini o suoni ritenuti scomodi e da evitare. Su questa innovazione ha detto la sua anche l’Electronic Frontier Foundation, associazione USA che si occupa di preservare le libertà civili nell’era digitale, dicendo: "These systems are still primitive and unable to distinguish a tranformative remix from copyright infringement” ovvero "questo sistema è primitivo ed inadatto a distinguere un prodotto derivato da un’infrazione del copyright".
Motivo in più per sperimentare nuovi strumenti di condivisione, per utilizzare solo risorse libere e per condividere le nostre opere con licenze che non ne blocchino la circolazione.
> La pagina informativa relativa al progetto "video ID"
anche paolo attivissimo segnala censure youtube “sospette”
http://attivissimo.blogspot.com/…me-censura.html
in questo caso, utilizzando la scusa dei “diritti d’autore” si mettono in atto delle vere e proprie “ripicche censorie”…