Davide contro Golia
Per fare pubblicità ci vogliono soldi, è risaputo! Nel caso delle campagne politiche la questione diventa ancora più evidente e da qualche parte anche preoccupante. Chi ha più soldi avrà più facilità a farsi sentire e quindi, a convicere chi è chiamato a votare. Siamo tutti uguali però se sei ricco è meglio! Per quanto riguarda l’iniziativa contro l’esportazione di armi, questa differenza è particolarmente visibile. Da una parte c’è la lobby dell’industria degli armamenti con una cifra d’affari da far invida a Paperon de Paperoni, e dall’altra i vari gruppi "per una svizzera senza esercito" che fanno colletta fra gli amici, vendono torte biologiche e collanine di conchiglie ai mercati per cercare di finanziarsi la campagna contro le esportazioni. La Ruag, che ha uno stabilimento anche ad Agno, è industria attiva nel settore degli armamenti. Produce per esempio le bombe a frammentazione, quelle che hanno la particolarità di dividersi in tante piccole bombette che restano inesplose fino a quando, ohibò, qualcuno le tocca. Ha la particolarità di essere di proprietà della Confederazione e di aver finanziato la campagna contro il divieto di esportazioni di armi con almeno 200mila franchi. Il Ceo della Ruag, Lukas Braunschweiler ha dichiarato alla stampa "Siamo una ditta di diritto privato e facciamo quel cazzo che vogliamo, in più siamo anche armati!".
Ad armi pari
Uno dei problemi delle armi è che uccidono. Ed esportare roba che uccide dovrebbe muovere almeno qualche problemino etico. Spesso chi compera armi non è animato da buone intenzioni e ormai non si può più fare finta di non saperlo. La Rheinmetall Air Defence di Oerlikon ha venduto armi ai nazisti nel corso della seconda guerra mondiale e al regime dell’apartheid in Sudafrica. La Mowag ha esportato i suoi prodotti verso paesi con dittature (dal Cile all’Argentina passando per una serie di staterelli africani). La Pilatus da Stans rifornisce di innocui aerei "per esercitazioni" molti paesi che, dopo modifiche minime, vengono utilizzati contro le popolazioni civili (i curdi nel nord dell’Iraq, in Birmania, in Chiapas e in Ciad). Persino il pugnale di Jack lo squartatore pare fosse fabbricato a Winterthur.
Il bisogno che aguzza l’ingegno
Forse anche a causa della scarsità di risorse finanziarie che il GSsE ha ideato una delle campagne pubblicitarie più interessanti e originali che si sono viste alle nostre latitudini. Si tratta di Guerriglia marketing, ovvero promozione pubblicitaria a basso budget che fa leva sui meccanismi psicologici del target della campagna. Ok, la smetto di copiaeincollare da wikipedia. La campagna in questione utilizza volantini con riprodotta una banconota da dieci franchi, piegata in modo da mostrarne solo una piccola porzione. Queste finte banconote vengono disseminate in luoghi pubblici, autobus, strade e negozi. Chiunque vedendo dei soldi per terra si chinerà per raccoglierli e li troverà macchiati di (finto) sangue e con stampate sopra delle indicazione relative all’iniziativa popolare del 29 novembre. Probabilmente si sentirà un po’ preso per il culo ma l’esperienza vissuta dovrebbe portare il soggetto ad andare a votare contro l’esportazione di armi. Non male, no?
Non dimenticate di inviare le vostre segnalazioni, relative a pubblicità che fanno a pugni con il vostro leggendario senso estetico alla redazione de "Il Diavolo", se possibile con fotografia allegata, ma anche no. Non facciamo certo i difficili!
LA PUB DEI LETTORI
La pub dei lettori di questa settimana giunge da una segnalazione postata sul blog de ilforum.ch. Ero in dubbio se far fruttare il mio denaro con le mine antiuomo o investire in prostituzione minorile. Per fortuna che ci pensa Terre des hommes a consigliarmi. "Investite in un bambino schiavo", non si tratta di una campagna provocatoria, di quelle che vanno di moda oggi, ma di un banale errore di traduzione. La versione italiana recita un molto più rassicurante "investite – nel futuro – di un bambino schiavo". Ci avviciniamo al Natale e con esso prendono il via anche le dozzine di campagne "benefiche" con cui cerchiamo di lavarci la coscienza nel corso delle festività. Speriamo almeno che siano tradotte in maniera dignitosa.
Ogni tanto usiamo dei sistemi veramente incredibili per giustificare l’ingiustificabile. Mi vengono in mente i bignasca brother che, per giustificare il loro contributo all’edificazione del (da loro) contestato polo culturale dicono, “se si deve fare sta roba, almeno guadagniamoci…”. Da brivido!
..e pensare che c’è gente che giustifica il commercio d’armi dicendo che “tanto se non gliele procuriamo noi gliele procurerà qualcunaltro”…