Articolo pubblicato sull’ultimo numero di Voce Libertaria (che ha da poco aperto uno spazio online)
Una 18enne di Locarno è stata condannata dal sostituto procuratore leghista Amos Pagnamenta a 30 aliquote giornaliere sospese con la condizionale e a 400 franchi di multa, per avere condiviso materiale protetto dai diritti d’autore. La giovane non aveva messo in piedi un commercio di film pirata, non si arricchiva vendendo dvd alle bancarelle, ma si limitava a scaricare musica e video dalla rete con dei programmi “peer to peer”. Il principio di questi programma è la condivisione, e si basa sulla reciprocità: io posso scaricare gratuitamente materiale presente sul computer di altri utenti della rete, ma nel contempo, diventando parte della rete, metto a disposizione ad alti utenti quello che sto scaricando e che ho scaricato.Si tratta di una pratica estremamente diffusa che coinvolge tutte le fasce della popolazione, milioni di persone al mondo scambiano giornalmente file on-line senza la consapevolezza di star commettendo qualcosa di illegale.
Scaricare è legale!
In Svizzera lo scaricamento di materiale protetto dal diritto d’autore non è illegale. Lo dice addirittura la SUISA, l’ente elvetico che si occupa di tutelare il diritto d’autore: “Il download privato in Svizzera è permesso anche senza l’approvazione degli aventi diritto, anche se l’offerta stessa è illegale”. Quello che invece non è permesso (e che ha portato alla condanna della 18enne locarnese) è la condivisione. La condivisione è permessa solo “nell’ambito privato o nella cerchia di persone unite da stretti vincoli, quali parenti o amici”.
I programmi di filesharing si basano invece proprio su questo, condividono i file con qualsiasi nodo della rete, infischiandosene dei vincoli parentali o amicali (ed è proprio questo che rende le reti ricche). Inoltre lo fanno in maniera automatica, non si ha l’immediata percezione di star condividendo qualcosa.
Nel covo dei pirati
Ma come hanno fatto le multinazionali del disco a scoprire la 18enne locarnese? Esistono delle ditte investigative specializzate, come la elvetica Logistep che, con il beneplacito delle autorità (lo ha deciso il TAF con una sentenza del giugno 09) scandaglia le reti di condivisione file raccogliendo gli indirizzi IP degli utenti ed associandoli alle persone ad esse collegati. In questo modo non raccolgono soltanto dati relativi allo scambio illegale di file, ma monitorano anche lo scambio legittimo e legale di file non protetti dai diritti d’autore. Questi dati vengono poi venduti ai colossi dell’intrattenimento che procedono con le vie legali. Il tribunale federale si rende conto che l’attività della Logistep “crea attriti in materia di diritto alla privacy” ma è anche convinta che, anche in questo caso, sia giustificata “la sorveglianza estensiva”.
Condividere è giusto!
La libera diffusione delle idee e dei prodotti culturali è un arricchimento per la società intera. Pensate un po’ all’alfabeto: se fosse stato protetto dai diritti d’autore, nessuno avrebbe potuto scrivere nulla senza pagare. Una società informata, acculturata e aggiornata è una società più ricca e migliore. Il copyright e i brevetti, creando monopolio sul sapere, soffocano il patrimonio culturale di una società. Le leggi sul copyright sono frutto delle pressioni delle lobby cinematografie e discografiche che vorrebbero portare all’infinito i loro guadagni, anche a scapito del bene comune e della crescita collettiva. Per gli artisti che vivono onestamente del loro lavoro, senza intrallazzi con le major, il copyrigt non ha mai rappresentato un sistema di protezione reale. Lo scaricamento di un file Mp3 non potrà mai sostituire l’esperienza di un concerto live o il rapporto con l’oggetto “feticcio” di una bella edizione di un compact disc dalla grafica curata. La versione in pdf di Altai, il nuovo libro dei Wu Ming, non sostituirà nella mia biblioteca la copia rilegata regolarmente acquistata. Ci saranno sempre fans pronti a sostenere, anche economicamente i propri idoli, occorrerà però cambiare il paradigma commerciale. Prima mi scarico la tua musica gratis poi, se ne vale la pena, ti vengo a sentire in concerto o mi compro il disco, o magari ti spedisco qualche soldo per posta. Sono infatti sempre di più i “produttori di cultura” che scelgono di diffondere le proprie opere attraverso licenze meno vincolanti del copyright (per esempio tutelando il proprio lavoro da sfruttamento commerciale ma permettendo la condivisione senza fini di lucro).
In Svizzera internet è controllata
Lo scorso luglio il settimanale die Wochenzeitung ha pubblicato un articolo che denuncia come il governo stia cercando di introdurre, a breve termine e segretamente, un sistema per sorvegliare tutte le comunicazioni su Internet. Il Dipartimento federale di giustizia (Dfgp) ha confermato che a partire dal mese di agosto i providers svizzeri devono poter fornire alle autorità i dati concernenti il traffico di informazioni scambiate dai loro clienti.Il Dfgp ha comunicato che la sorveglianza concernerà "solamente" le comunicazioni di persone sospettate o sotto inchiesta giudiziaria. Originariamente elaborato per combattere la pedofilia ed il terrorismo, questo provvedimento è stato esteso a reati minori, quali violenza e minaccia contro le autorità e i funzionari, truffa o sommossa. Visto il diffuso clima di paura è ipotizzabile che si tratti di un modo subdolo per affermare che, in questo contesto, ogni persona presente sul web possa divenire un possibile "sospetto". E se anche tu, lettore di Voce Libertaria, fossi su questa lista?
Anarchia e file sharing
Nel 1984 William Gibson lo scrittore di fantascienza che ha coniato il termine “cyberspazio” ha affermato «Internet è strana. Non fa guadagnare soldi, è transnazionale e fuori da ogni controllo: un grande evento anarchico». Internet non è di per sé orizzontale, ma si basa su gerarchie ed autorità (per esempio la ICANN o gli ISP che hanno il monopolio sella concessione nei numeri IP). È uno spazio interessante dove intrecciare relazioni e condividere strumenti di socializzazione del sapere. Lo spazio virtuale va mantenuto il più possibile libero ed incontrollato, evitando che si ricreino le stesse dinamiche di controllo e di repressione a cui siamo sempre più abituati nel mondo “reale”. L’offensiva portata avanti dal procuratore leghista per conto delle multinazionali del disco è un primo preoccupante segnale che ci deve far riflettere sul nostro rapporto con la rete e sugli strumenti di autodifesa tecnologica10 di cui disponiamo e che siamo in grado di utilizzare.
Infatti molte persone che vivono della creatività artistica stanno sperimentando nuovi modelli di “business” alternativi al diritto d’autore. Le licenze libere non servono a mandare gli artisti sul lastrico ma servono ad evitare che le multinazionali si arricchiscano e a favorire la circolazione della cultura. Mi scarico volentieri il disco del gruppo x ma poi vado al loro concerto, pago il biglietto e magari compero anche una t-shirt.
Grazie per gli apprezzamenti sul blog e per i commenti, che fanno sempre piacere. Spesso faccio fatica a capire se qualcuno legge davvero gli articoli che scrivo.
Prova a spiegare questa teoria della moltiplicazione dei pesci digitali a chi si ciba del frutto della sua creatività artistica, letteraria o scientifica.
Forse vivere di utopia può essere bello quanto nutrirsi di baci ed amore, ma prima di coricarsi la pancia non smetterà di farsi sentire. E’ facile disporre della proprietà itellettuale altrui e moltiplicarla all’infinito, resto comunque dell’opinione che ognuno dovrebbe limitarsi a disporre della propria creatività e se vuole condividerla con il mondo intero é libero di farlo, ma decida lui come.
E’ interessante invece il discorso del diario e del baule … mi fa però un po’ specie sentir parlare di privacità chi condivide anche le storie delle sue mutande con il mondo intero.
Abbraccio!
P.S. Trovo comunque il tuo blog (ad di là del tuo edonismo) tra i migliori che leggo.
Bravo Olmo!
Ciao Jeffrey,
il bello delle opere culturali digitali è che posso condividerle replicandole all’infinito. Se condivido con te una mela ne avremo solo “una metà” a testa, se condivido con te un film invece, ognuno di noi ne avrà una copia perfetta e completa. È come condividere un bacio: ognuno ne esce più ricco e migliore! Le opere culturali sono prodotto dell’epoca in cui si vive, e non di un singolo autore. Il film di cassetta attinge ad un patrimonio comune di saperi, dall’alfabeto con cui è scritta la sceneggiatura agli immaginari di cui si nutre. È quindi logico e giusto che il prodotto finale sia condiviso con la comunità che ha contribuito a crearlo e ogni tentativo di evitarne la diffusione tramite copiright sarà un meccanismo di provatizzazione di un bene comune.
Se ti riferisci alla proprietà privata in genere, io sarei lieto di abolirla. Per chi non ha grandi risorse questo concetto è un limite (mi impedisce di accedere a qualcosa) più che una forma di protezione.
Anche in bolo bolo si parla della proprietà privata, ci sono cose che è bello tenere private (il mio diario per esempio). Ci potrebbe quindi essere un compromesso, ognuno di noi ha un baule, tutto quello che ci sta dentro è solo suo. Tutto il resto è comune. Che ne dici?
Ciao
Interessante, … ma ciò che è tuo? Decidi tu, decido io o decidono anarchicamente tutti? L’affermazione che “condividere è giusto” e bello penso la possiamo sottoscrivere un po’ tutti, ma non è sempre così semplice. Sulla proprietà materiale abbiamo sicuramente imparato qualcosa dalle opere del buon vecchio Karl, ma quando parliamo di proprietà intellettuale (art. 27 Dichiarazione dei diritti dell’uomo*) le cose si complicano alquanto. Fintanto che condivido il frutto del mio intelletto non vedo alcun problema, sempre ammesso e non concesso che tutti quelli che hanno contribuito siano concordi. Ma quando decido unilateralmente di condividere su una piattaforma peer2peer tutto ciò che mi capita tra le mani? E’ ancora una questione legata alla libertà? E se sì di chi?
*Ogni persona ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivati da ogni sua produzione scientifica, letteraria ed artistica.