Affinità e divergenze fra volontariato e militanza, pare che frati cappuccini e squatters napoletani a volte s'intendano…
“Non so bene, non so dirti dove nasca quel calore, ma so che brucia, arde e freme, trasforma la tua vita e non lo puoi fermare, una sorta di apparente illogicità,ti fa vivere una vita che per altri è assurdità, ma tu fai la cosa giusta, te l'ha detta quel calore, ti brucia in petto è odio mosso da amore [1]”
Lavora con generosità, non badando a ricompense gratificatorie o economiche: ma perché ci credi [2].”
Nei centri sociali, non si fa volontariato, si milita. Apparentemente l'agire pratico potrebbe apparire simile, in ambedue i casi alcune persone di loro spontanea volontà decidono di dedicare più o meno tempo ed energie ad un'attività socialmente utile. Ma le differenze sono stostanziali. La militanza all'interno di un centro sociale produce come effetti collaterali tutta una serie di servizi e di vantaggi per la popolazione, ma non sono questi benefici il fine ultimo del militare, sono solo un mezzo attraverso a cui si tenta di raggiungere un obbiettivo radicale di mutamento totale di questo tipo di organizzazione sociale e un nuovo mondo di intendere le relazioni fra le persone. Il CSOA il Molino negli ultimi anni, ha servito migliaia di pasti caldi a prezzi popolari (e spesso anche gratuitamente), di questo servizio hanno potuto beneficiare studenti, disoccupati, workingpoor, migranti, clandestini, viaggiatori, persone con pochi o addirittura senza soldi. Non per questo sarebbe corrette dire che il Molino è una mensa, le differenze sono lampanti. La mensa è solo uno delle modalità scelte (ne abbiamo e ne stiamo utlizzando altre) per raggiungere l'obbiettivo rivoluzionario e che ci permette di iniziare, già sin da ora, a vivere collettivamente e secondo alcuni principi, un argomento importante quale è l'alimentazione. Il fatto di aver sfamato delle persone (e di esserci sfamati) è sicuramente un'attività utile e preziosa all'interno della realtà urbana luganese, ma non è che una piacevole conseguenza del nostro agire.
La militanza non è fine a se stessa, si cerca di portare avanti un lavoro a lungo termine di riflessione e di rimessa in discussione delle cause profonde che producono disagio, cercando di non fermarsi alle risposte banali e preconfezionate. Un percorso tortuoso lastricato di compromessi continui, in cui occorre districarsi fra utopia e pragmatismo, fra breve e lungo termine, fra bi-sogni e r-esistenze[3]. Un percorso che non può non incrociarsi con il dibattito politico nel senso più ampio del termine.
Ci teniamo a non confondere i fini che perseguiamo, con i mezzi che utilizziamo per perseguirli, senza naturalmente dimenticare la naturale coerenza che ci deve essere fra i due. Il Molino è un movimento di rottura sociale, che desidera rivoluzionare e non riformare lo stato attuale di cose, perché è cosciente che l'ingiustizia e saldamente radicata alle fondamenta di questo sistema. È impossibile pensare di risolvere i problemi senza modificare radicalmente il sistema da cui sono creati, è per questo che preferisco definirmi “militanti” e non “volontario”, anche a costo di utilizzare un gergo militare che la mia indole pacifica (ma non pacifista) assolutamente fatica ad apprezzare..
[1] 99 posse, op.cit
[2] Da: Caldelari Callisto (padre cappuccino), op.cit.
[3] Con il titolo “Fra bi-sogni e R-esistenze” si è svolto, nell'ottobre del 2005 al Molino una settimana di condivisione, discussione e riflessione su diversi argomenti legati alla nostra realtà politica e sociale, in cui è emersa la nostra voglia di “fare società” attraverso le maglie del sistema che solo apparentemente sono impenetrabili e di diventare attori e attrici protagonisti della nostra esistenza attraverso lo strumento dell'autogestione. (Maggiori informazioni)