Geremia era un uomo di poche parole, lavorava molto e mangiava poco. Amava la vita agreste e le levataccie che doveva fare ogni mattina ormai non gli pesavano più. Diceva che non voleva altro dalla vita, aveva tutto quello che poteva desiderare. E come si poteva dargli torto? Lavorava si molto, ma era circondato da una moglie premurosa e viveva nel paesaggio più bello di tutta la zona, in una fattoria modello così ben organizzata da essere sempre presa ad esempio. Erano quattro anni di seguito che una delle sue mucche vinceva il concorso di bellezza alla fiera del villaggio. Il suo unico cruccio erano i figli, la sorte aveva voluta che non ne fossero giunti, ma non per questo si riempiva la vita d'amarezza.La fattoria accanto a quella di Geremia era rimasta sfitta per molti mesi. Le erbacce avevano riempito tutta l'aia e nei campi, da così tanto tempo abbandonati, fiorivano allegri i lotus e le trombette di melchiorre. Seppur ultimamente un poco lasciata andare, era sempre una bella e funzionale azienda agricola, e fu per questo che Geremia non fece particolare caso all'insediamento del nuovo vicino.
Non vide mai un carro che portò animali o materiale, e neppure qualche garzone che desse una mano ai lavori. Solamente lui, che instancabile zappava, tagliava, sarchiava e seminava. Era un uomo magro e gracile, all'apparenza assolutamente non portato per il duro lavoro agricolo, dico all'apparenza perché nonostante tutto, la fattoria tornò presto al suo originario splendore. Fu ripulita dalle sterpaglie che si erano accumulate e venne completamente riverniciata. Diverse vacche, con le mammelle gonfie di latte, iniziarono a pascolare li intorno e nei campi germogliava timidamente il frumento e l'avena. Impiantò anche, sul colle da cui si scorgeva il grande lago azzurro, alcune gambe di vigna a cui dedicava molte e premurose cure.
Venne maggio, ma Geremia non era dello stato d'animo giusto per gustarsi questo splendido mese. Da qualche tempo, aveva dentro al petto qualcosa che gli rodeva. Come un grillotalpa che avesse iniziato a passeggiare nelle sue viscere e a saltellargli sullo stomaco. La moglie era preoccupata per il suo strano comportamento e, per sicurezza, iniziò a cucinare con meno grassi la sera.
Intanto nella fattoria accanto, il contadino sembrò essersi ben adattato al nuovo ambiente e l'azienda agricola prosperava come non mai. Gli alberi erano carichi di fiori che lasciavano sperare in un'incredibile quantità di frutta. La superficie dei campi era raddoppiata e bisognava impegnarsi, per trovare una pianta meno sana e rigogliosa delle altre. Le bestie scorrazzavano piene di vita nel cortile e nei pascoli. Iniziò addirittura la costruzione di una nuova stalla che venne su talmente veloce e ben fatta che Geremia quando la vide per la prima volta dovette sedersi e bere un bicchiere di vino per riprendersi dallo stupore. Tutte le vigne avevano attecchito e già qualche bella foglia incorniciava l'esile tronco rossastro.
Il fattore era inoltre una persona squisita, si era conquistato la simpatia di tutto il vicinato. I bambini passavano a salutarlo prima di andare a scuola e lui gli donava una bella mela rossa. Era spiritoso con le donne, serio e concreto con gli uomini. Divertente e pazzerello con i giovani ed educato con gli anziani. Si era persino reso simpatico alla vedova Smith che erano anni che non rivolgeva la parola a nessuno. Qualcuno disse che sarebbe stato un buon sindaco e la moglie di Geremia, anch'essa rimasta colpita dalla dolce semplicità del nuovo vicino, soleva portargli ottime crostate di mele cucinate con le sue mani.
Geremia si convinse che doveva smettere di dubitare del vicino, fece una seria riflessione autocritica e decretò che il risentimento era probabilmente provocato da una malcelata invidia e da una blanda messa in discussione della sua virilità. Si vergogno di essersi fatto condizionare da degli istinti così bassi e si ripropose di cercare di rivalutare il nuovo contadino, anzi forse avrebbe potuto anche imparare dalla sua esperienza.
L'indomani Geremia si appoggio allo steccato e, non solo per iniziare un discorso ma proprio perché l'oggetto meritava, fece i complimenti al vicino per i suoi meravigliosi ravanelli. Erano veramente dei begli esemplari. Dalla terra spuntavano le foglie verdi e sotto si intravedevano dei frutti rossi e lucidi grandi almeno quanto una piccola mela. Il fattore spiegò, molto gentilmente, che era tutto merito della terra di questo posto, così ricca di lombrichi e sali minerali, era proprio l'ideale per coltivare. Lodò anche il sole caldo del luogo e le abbondanti piogge che irrigavano, esattamente quando se ne sentiva il bisogno, i campi. Eppure a Geremia qualcosa non quadrava, lui erano trent'anni che coltivava ravanelli li e così grandi non ne aveva mai raccolti. Parlarono ancora per qualche minuto, perlopiù di un nuovo modello di mietitrebbiatrice che era stato presentato sul giornale agricolo di quella settimana e dell'improvviso aumento del costo dei medicinali contro le coliche dei cavalli, poi ognuno tornò alle sue occupazioni.
Il fattore era sempre più popolare, la sua fama di coltivatore provetto si diffuse per tutta la contea, e ogni giorno arrivava almeno un allevatore di manzi o un produttore di agrumi a chiedergli un qualche consiglio. Lui ascoltava pazientemente ognuno ed impartiva a tutti preziosi e saggi consigli. Era molto ricercato anche dalle donne e, seppure non fosse bellissimo, aveva un certo fascino che le incantava e sempre più spesso venivano, con la scusa magari di vedere le aiuole fiorite, a fargli visita.
Geremia cercava con tutte le sue forze di smettere di covare sospetti nei confronti di quel suo buon vicino, ma era più forte di lui e non ci poteva fare nulla e qualche volta, badando bene di non farsi sentire dalla moglie, malediceva il giorno in cui il fattore era entrato nella sua vita.
Passarono i giorni, i mesi, le stagioni e gli anni. La vite era ormai diventata un vigneto vero e proprio che donava ogni autunno acini grossi e rossi da cui, il fattore, estraeva un ottimo vino che si era giustamente guadagnato un buon nome in tutta la regione.
Si era sposato il fattore, con una ragazza bionda e bella che veniva dalla città, ma che aveva trovato nella campagna la sua ragion d'essere. Moglie dolce e premurosa, cuoca provetta, instancabile lavoratrice e, si sussurrava, amante formidabile. La cerimonia si era svolta due primavere fa, ed era stata una bellissima festa a cui era stata invitata tutta la gente dalle campagne vicine. Si era mangiato, danzato e riso fino a notte fonda. Solo Geremia aveva declinato l'invito accusando forti mal di capo.
Questo mal di capo ormai lo tormentavano in ogni momento, non gli permetteva più neppure di lavorare, e le campagne ne risentivano, cosicché quando il fattore si offri di pensare lui alla cura dei campi, Geremia non poté rifiutare.
Sua moglie, per sdebitarsi, andò a offrirsi di lavorare presso il vicino, che acconsentì solo a patto di poterla remunerare. La paga era ottima, e la consorte di Geremia trovava il vicino e sua moglie veramente stupendi. Adorava anche i due gemelli che nel frattempo erano nati e li curava un po' come fossero figli suoi.
Il vicino, nella primavera seguente venne eletto sindaco, e si dimostrò un sindaco buono che governava saggiamente il paese. Era persino riuscito a mettere fine ad una lite fra due famiglie che durava ormai da generazioni. Eppure Geremia non riusciva a sopportarlo e quindi, una notte, lasciò i suoi timori nella sua stanza (vuota perché ormai la moglie dormiva nella casa del fattore) ed usci sull'aia. La luna piena splendeva alta nel cielo ed il frinire dei grilli era assordante, andò nella stalla e stacco l'ascia dal ceppo in cui era conficcata. Entrò silenzioso nella casa del vicino, salì una rampa di scale e si trovò in un lungo corridoio. Da una porta semiaperta intravide sua moglie che dormiva serena fra morbide lenzuola azzurre. Sentì russare, il rumore proveniva da una stanza poco più a destra, apri la porta. Intravide il fattore che dormiva, con la testa appoggiata sul guanciale. Geremia alzò la scure e l'abbasso di colpo sulla testa del fattore. Sentì un suono metallico e quindi colpì ancora, e poi di nuovo. Ormai non si controllava più. Gridava disperato mentre affondava la lama nel corpo del vicino. Ad un certo punto si accorse che qualcosa non stava andando per il verso giusto. Il suo vicino era costruito di metallo, non era altro che una sofisticata macchina agricola, talmente sofisticata che aveva ingannato tutti.
Il rumore aveva intanto richiamato una piccola folla che si era radunata nella stanza dove era avvenuto il macello. La moglie di Geremia piangeva. Gli spettatori erano sbigottiti e increduli. Come si sarebbe fatto per continuare a lavorare i campi, il fattore meccanico era, a detta di tutti, indispensabile per l'agricoltura.