[Sonvico, 2001]
Faceva maledettamente caldo in quella stanza senza porta, caldissimo.
Un caldo che scioglieva l'intonaco dai muri. Desideravo aprire la
finestra, ma così facendo avrei schiacciato le piccole rondini che
erano nate qualche giorno prima.
Che stolte le rondini, fare il nido proprio tra la mia finestra e il
muro. Proprio non avevo cuore a schiacciarle, erano così piccoline, e
non si erano ancora mosse; le avrei uccise nello stesso posto in cui
erano nate.
Ma d'altra parte io avevo caldo, e non avrei potuto resistere ancora a lungo. Presto avrei dovuto scegliere, o io o gli uccelli.
Valuto la situazione: loro sono in cinque, ed io sono solo, ma anche troppo egocentrico per scarificarmi, con questo caldo poi.
Chissà se hanno il sangue le rondini?
Ma certo che l'hanno, e con esso rischio anche di macchiare la bella
parete gialla. Con questo caldo il sangue si solidificherebbe in pochi
istanti, e sarebbe impossibile da togliere.
Potrei anche aprire piano piano la finestra in modo che gli schizzi rimarrebbero solo sul mio davanzale, ma è rischioso.
Poi ho troppo caldo per queste manovre complicate.
-Che si fottano le rondini!- penso, sedendomi sudato e nudo in mezzo
alla stanza. E poi che bislacco l'architetto che ha progettato una
stanza senza porta.
Mi alzo con l'intenzione di comprimere i fragili corpicini delle
rondini fra il muro ed il vetro, ed avere finalmente un po' d'aria, ma
mi trattengo. Io non ho nulla contro le rondini, né contro gli
uccellini in generale, ma, se solo non facesse così caldo.
Chissà se le rondini mi ucciderebbero in questa stanza senza porta e con questo caldo infernale.
Forse aprendo di scatto la finestra, la loro calotta cranica si
spaccherebbe prima di sentire il dolore, ed io avrei finalmente un po'
di caldo in meno, o forse avrebbero solo il tempo di vedermi mentre
precipito dalla finestra di una stanza senza porta.