Un blog per parlare di sé

Articolo uscito in queste settimane sul numero 2 di Anim@, rivista sull’animazione sociale in Ticino

Scrivere in rete
A partire dal dicembre del 2007, abbiamo attivato un blog presso il Centro di Accoglienza Diurno di Ingrado. A scadenza non regolare, circa ogni 6 mesi, raccogliamo una selezione degli articoli pubblicati on-line e ne realizziamo una versione cartacea il “Cad News”, che permette una distribuzione diversa dei contenuti permettendoci di raggiungere un pubblico diverso, per esempio distribuendolo nelle bucalettere dei vicini e agli ospiti in vista al centro. Sicuramente non si tratta di un’attività “di massa”, solo una minoranza di utenti fra le centinaia che frequentano il centro sono rimasti direttamente coinvolte nel progetto. Con questi utenti si è però creato un buon clima di lavoro, una certa continuità e un senso di attaccamento e partecipazione. Anche l’impatto verso l’esterno pare buono.

Abbiamo vagliato le varie piattaforme di blog gratuite su internet e abbiamo optato per blogspot, che offre spazio gratuito con un’intrusività pubblicitaria minima, buona possibilità di personalizzazione della struttura della pagina e facilità di utilizzo. Anche il servizio autogestito noblogs.org è stata un’opportunità interessante che abbiamo preso in considerazione.
Gli intenti e i motivi che hanno portato all’apertura di questo spazio online sono ben riassunti del testo di presentazione delprogetto: “Uno spazio dove raccogliere i propri pensieri, le proprie emozioni. Uno spazio su cui catalizzare la propria creatività, dove sperimentarsi riscoprendo le proprie abilità redazionali e relazionali. Un luogo di scambio e di apertura verso l’esterno del centro e di condivisione dei propri testi all’interno della “community del CAD”. Spazio per l’autobiografia e per la memoria, per i sogni e per una progettualità nel futuro: un muro digitale per “graffittare” i propri pensieri. Creare reti e relazioni mediandole attraverso una piattaforma digitale, attuale e allettante. Una vetrina per promuovere le attività del nostro centro e per raccogliere memoria di quello che è stato fatto. Una proposta di animazione “a costo zero” che non pesa sui precari bilanci dello stato. La possibilità di una “alfabetizzazione informatica” per tutti e, per chi ha voglia di saperne un po’ di più sulle potenzialità del Web, la possibilità di approfondire alcune tecniche e linguaggi informatici. Noi ci proviamo, aspettiamo commenti, contributi e proposte!

Il Centro di Accoglienza Diurno
Il Centro d’Accoglienza Diurna, attivo dal gennaio 2006, fa parte del centro di competenza “Ingrado – sostanze illegali” di Viganello e trova le sue fondamenta politiche nelle leggi federali e cantonali in materia di tossicodipendenza. Il CAD si prefigge di essere un centro che accoglie e orienta, facendo prevenzione, tutte le persone toccate da problemi di tossicodipendenza, cercando di migliorare la qualità di vita e ripristinando le minime condizioni di benessere. Oltre al pasto di mezzogiorno, alla possibilità di usufruire delle docce e della lavanderia è possibile anche utilizzare il telefono ed internet, risolvere piccoli problemi burocratici e ricevere consulenza ed orientamento. Oltre al soddisfacimento dei bisogni primari il CAD vuole offrire uno spazio relativamente protetto in cui prendere un po’ di distanza dalla vita di strada, dallo stress legato alla continua ricerca di stupefacente e dal contatto con lo spaccio e l’illegalità. Si cerca di offrire anche un rapporto umano e delle relazioni diverse da quelle che si possono instaurare nella “piazza”, cercando di fornire conforto e sostegno nella risoluzione delle difficoltà quotidiane. Essendo un centro a bassa soglia non è richiesta l’astinenza, sono quindi tollerate, entro certi limiti, le presenze in stati psico-fisci alterati. Le attività d’animazione in un centro come questo risentono delle peculiarità della struttura che possono essere evidentemente vissute come dei limiti forti rispetto all’attività d’animazione (in particolare nel confronto con altre strutture. La scarsa costanza e regolarità nella presenza degli utenti, il ricambio altissimo, le situazioni di sofferenza e disagio molto presenti, ci hanno costretto a scegliere delle attività che potessero sopportare queste situazioni, rendendole, quando possibili delle risorse.

Raccontare la propria storia: una questione di cittadinanza
Una buona percentuale dei materiali inseriti nel blog del CAD sono di natura autobiografica.
La storia di vita della persona tossicodipendente è quasi sempre raccontata da altri: operatori che compilano cartelle, polizia che redige rapporti, psicologi, tutori, assistenti sociali, amici e famigliari. Chi nella società si pone in posizione marginale, si trova spesso impossibilitato ad esprimere il proprio punto di vista, a far valere il proprio diritto di parola. Quando la persona tossicodipendente cerca di intrecciare relazioni con chi “non fa parte del giro”, quando tenta di presentare il suo punto di vista sulle cose, viene regolarmente vissuto come una minaccia o come presenza scomoda. La dimensione “tossica” per essere presa in considerazione dal mondo, deve associarsi a dei talenti, le rockstars e gli artisti affermati vengono ascoltati dalle folle anche se non nascondono di far uso di sostanze illecite. Per gli altri, per i tossicodipendenti comuni e anonimi, soltanto paura e diffidenza. “Grazie al racconto di sé, orale e scritto, il soggetto marginale reclama, con parole sue, la presenza nel mondo1”. È opinione diffusa che la storia venga scritta dai vincitori, non perché i perdenti non abbiano nulla da raccontare, ma perché la loro voce è più flebile, pare più difficile da ascoltare ed è sicuramente scomoda e fastidiosa. Offrire uno spazio in cui raccogliere e accogliere, storie, pensieri, rabbie, sogni, desideri e stati d’animo all’interno di una struttura che ospita chi non ha voce, è anche un modo per riconsegnare al narratore la possibilità di essere “attore e personaggio, interprete in prima linea sulla scena della sua esistenza2”. Riacquistare lo status di soggetto (e non solo quello di oggetto, di cure, di sostegno, di attenzione, di prevenzione e repressione), tornare ad essere parte attiva in una moltitudine depersonalizzante, riscoprire e valorizzare la propria individualità. “Un approccio di tipo biografico non rappresenta solo una efficace modalità qualitativa di conoscenza del territorio, rappresenta anche una possibilità che si apre all’interno di una prospettiva di lavoro educativo che fa della partecipazione dei destinatari uno degli elementi connotanti3”. Raccontare di sé e della propria storia, anche attraverso un blog, permette di svolgere un percorso centrato sulla propria persona, scegliere che cosa raccontare e come raccontarlo, quanto andare in profondità, che interpretazione dare agli avvenimenti, come concatenarli e in che ordine logico e cronologico disporli sono possibilità che raramente sono concesse nella vita di tutti i giorni e che permettono di riacquisire coscienza della propria esistenza. “Quando il racconto si fa autobiografico, indipendentemente o meno da un intento espiatorio o confessorio, esso si rivela una sorta di cura, se non di terapia4”, da un percorso di questo tipo emerge il fatto che il tossicodipendente non è solo un deviante, ma una persona con una propria storia di vita unica ed irripetibile, e questa presa di coscienza, prima di essere collettiva è personale, e restituisce al soggetto “un’intimità perduta o prima ignota5”.

Motivi per cui il blog può essere importante, utile e piacevole in un contesto educativo6:
1) Il blog fornisce uno spazio per la condivisione di opinioni e per sviluppare comunità di apprendimento ed uno spazio dove utenti ed operatori possono imparare l’uno dall’altro.
2) Offre la motivazione alla scrittura: il proprio testo non si perde in un cassetto ma viene valorizzato attraverso una esposizione pubblica contestualizzata in un contenitore “ufficiale”
3) La natura interattiva del blog genera entusiasmo per scrivere e comunicare;
4) L’uso di un blog può avvicinare al “piacere per la scrittura”, abilità da conservare e spendere anche al di fuori del contesto educativo.
5)Insegna la scrittura pubblica responsabile: occorre adattare il linguaggio e i contenuti ad una divulgazione pubblica del testo, nel rispetto del buonsenso e delle leggi vigenti.

Scrive P. sul blog: “Ma perché scrivo tutto questo? Perché vorrei trasmettere le mie esperienze, ognuno poi deciderà se approfittarne o no. (…) L’indipendenza e la libertà non si raggiunge quando le droghe e l’alcol, dominano la vita quotidiana. E il fatto che la politica concernente le droghe sia ancora veramente un disastro, non dovrebbe giustificare o scusare una dipendenza, al contrario! Perché proprio questo da loro il potere. Solo gli indipendenti e forti troveranno ascolto. Purtroppo è così, per la maggior parte della nostra ricca, povera società. E inoltre, sentirsi bene e forti, coscienti di sé ed essere pronti per le sfide della vita, è un sentimento benissimo!” – Tratto da questo post!

Note:
1) Freire Paulo, La pedagogia degli oppressi, EGA, Milano 2002
2) Cambi Franco, citato in: Benelli Caterina, “Narrazione e autobiografie in carcere: formazione e autoformazione nei luoghi di detenzione” in Magma, rivista elettronica di Scienze Umane e Sociali, volume 3, numero 3, luglio/settembre 2005, sul web qui
3) Tramma Sergio, Pedagogia sociale, Guerini Studio, Milano, 1999, p. 132
4) Demetrio Duccio (a cura di), L’educatore Auto(bio)grafico, Edizione Unicopli, Milano, 1993, p. 13
5) Op. Cit. pp. 13
6) Adattamento dal testo “Blog in educazione” da Blogger, studio ed analisi dei blog per la didattica