Intervista apparsa sul quindicinale satirico “Il diavolo” in edicola oggi
Vi ricordate la pubblicità del Diavolo di qualche anno fa? Ecco, l’ha fatta Lui. E quella dell’ottico con il prete e la escort? Opera Sua! Linea rossa il talk dei giovani sulla RSI? C’è il suo zampino. Il cortometraggio ecologista “Ombre” che ha sbancato i festival di mezzo mondo? È sempre Lui il regista. Persino sul dvd dei Frontaliers è riuscito a mettere mano. Si ma Lui chi è? Lui è Alberto Meroni, uno splendido trentenne che al cinema e ai suoi derivati ha dedicato la vita e che si definisce “iperattivo e dislessico”. Cercheremo di conoscerlo meglio in queste pagine di intervista che da un po’ di tempo a questa parte stiamo dedicando ai protagonisti emergenti del cinema sudalpino: Erik Bernasconi, Bindu de Stoppani, Lorenzo Buccella, Niccolò Castelli e in questo numero… Alberto Meroni!
Ciao Alberto, grazie per averci dedicato un po’ di tempo, riesci a presentarti in al massimo quattro righe?
Ok, ci provo. Scena 1 presentazione prima… ciak! Sono un regista indipendente di pubblicità, documentari, programmi televisivi e fiction. Sono attivo, nel senso che pago le tasse grazie a questo lavoro, da 16 anni ovvero da quando avevo 16 anni… ora ne già 34. Oddio, non ne avevo mai avuti così tanti! In questi anni ho realizzato davvero migliaia di lavori e alcuni, i più personali, hanno ricevuto decine di riconoscimenti internazionali…
Stoooop! Buona la prima… Tutto questo poi da autodidatta, senza aver frequentato una scuola del settore. È una strada che consiglieresti a giovani appassionati?
Avrei voluto imparare a fare cinema e tv a scuola, ma l’ho fatto facendola da solo. Già da ragazzino ho iniziato a raccontare le prime avventure tra amici in VHS. Sia dal punto di vista tecnico che del linguaggio visivo facevano proprio schifo, e per migliorare ho pensato di guardare come facevano gli altri. Ho iniziato così a studiare guardando la TV… sembra diseducativo ma per questo ramo è esattamente l’opposto. Ora insegno questo mestiere, e la prima cosa che consiglio agli studenti è di guardare il più possibile come fanno gli altri. Blockbuster, soap opera, film d’autore, reality show e televendite sono esempi da cui si impara. E se in più c’è qualcuno ti spiega i perché cresci molto in fretta. Quindi la scuola è molto importante.
E le lasagne che vengono citate nel tuo sito come tuo piatto preferito, quanto hanno contribuito a tutto questo?
Mia mamma mi ha sempre dette che mi avrebbero fatto crescere forte, sano, bello, intelligente e bravo… e aveva ragione. Grazie mamma!
Brava la mamma, ma, cambiando discorso, di che cosa parla il tuo ultimo lavoro “Tapperman” presentato negli scorsi giorni alle giornate del cinema di Soletta?
Viviamo in una società del profitto ad ogni costo e per essere produttivi bisogna dedicare al lavoro il massimo del tempo possibile. Una dedizione che spesso si trasforma in una vita trascorsa tra le pareti del lavoro, dell’auto e della propria casa. Una vita sigillata che non permette di farsi contaminare dalle esperienze altrui. Se per il cibo essere sigillato è sinonimo di freschezza, per l’essere umano è esattamente il contrario.
Hanno partecipato al film due importanti attori della scena confederata…
Si, in questo mondo sigillato vive Paul, un venditore porta porta di contenitori per alimenti interpretato da Andrea Zogg. È il protagonista di una commedia grottesca in cui la sua vita si è trasformata nel prodotto che vende: una serie di scatole di plastica nelle quali vivere in modo sicuro. Spinto ad essere sempre di più redditizio dal suo Team Leader Amanda la “nostra” Roberta Fossile, un esempio di produttività e competenza, Paul si muove goffamente in questa realtà fatta di termini in inglesi e sorrisi falsi. Ma qualcosa gli farà capire che la vita è un’intera crostata ai mirtilli da mangiare fresca e non una sola fetta chiusa in un contenitore di plastica!
Venditori di Tapper… Come ti è venuta l’idea per questo lavoro? C’è qualcosa di autobiografico?
Il protagonista, come tanti altri miei personaggi, ronzava senza meta e senza storia nei labirinti della mia fantasia, e quando mi sono reso conto che stavo lavorando troppo tralasciano le contaminazioni dalle esperienze dei miei amici e della mia famiglia, ho traslato la mia vita in quella di Paul. Ora lavoro ancora di più, ma ne sono cosciente, e cerco di godermi quanto più possibile le mie uscite dal mio “tapperware” professionale.
Non pensi che sia un messaggio un po’ in controtendenza? In fondo la società ci fa paura, e il mondo è pieno di pericoli. In fondo sembra quasi che “sigillati” sia bello…
Dentro alle scatole si sta meglio e si sta al sicuro, ma si perde il contatto con la gente. Le notizie arrivano dalla tv, le chiacchiere si fanno con lo smartphone, le conoscenze si fanno tramite il web e gli acquisti si fanno attraverso la carta di credito online. Manca il tatto, l’odore, la profondità visiva e l’esperienza vera e propria di fare queste cose. Forse viverle veramente vale il rischio di correrle… sempre se di pericoli si può parlare, per fortuna dalle nostre parti si vive ancora in modo abbastanza sicuro.
Il tuo produttore Villi Herman si sta dando un bel daffare per promuovere il lavoro di giovani registi ticinesi. Chi glielo fa fare?
Me lo chiedo anch’io quando ricevo le sue email a notte fonda… la prossima volta che lo vedo glielo chiedo.
Alcune scene di Tapperman sono state riprese in una location bellissima: il Motel abbandonato di Claro, come mai questa scelta?
Per prima cosa volevo un corridoio lunghissimo con decine di appartamenti. Un posto retrò che rendesse al meglio la sensazione di vita sigillata. Una location che potesse ospitare una equipe cinematografica ingombrante, pesante e rumorosa… nessuno ci avrebbe mai fatto girare per diversi giorni in una palazzina realmente abitata ed ecco che il motel di Claro, debitamente risistemato, si è rivelato la location perfetta, fighissima!
Dopo diversi cortometraggi non avresti voglia di girare un lungo?
Tipico di noi uomini usare come parametro la lunghezza, meglio lungo che corto? Si dice che quello che importa è come lo si usi… ogni storia ha la sua lunghezza e riuscire a raccontarla nel suo tempo giusto, senza sbagliare o senza annoiare, non è facile. Ci vuole esercizio, tempo ed esperienza. Io non ho fretta, anzi. Sento che più lavori realizzo, più acquisisco padronanza del mio linguaggio e quando avrò la storia giusta che ritengo valga la pensa essere raccontata in 90 minuti, lo farò.
Quali sono le difficoltà produttive per realizzare un film in Ticino?
Le difficoltà sono universali, non le abbiamo solo noi. Fare un film di successo non è poi così difficile, basta avere l’idea geniale che ti permetta di ottenere i finanziamenti. Avere l’esperienza giusta per non fare cazzate quando e un pizzico di fortuna che il tuo film venga visto e di conseguenza distribuito. La vera difficoltà è sapere di avere la storia giusta che solo tu puoi raccontare e che il pubblico avrà il piacere di vedere.
Cosa ti spaventa di più: l’islamizzazione del territorio svizzero, il fenomeno dello holiganismo o i giovani che scrivono “xche” invece che “perché”?
I giovani che scrivono xché… perché sono anche quelli che ti scrivono semplicemente “ok” o “i like it” a un tuo messaggio, a una storia o a un filmato che mostri. Trovare commenti più intensi è raro, e quando capita l’apprezzo molto.
Il tapper supremo è la bara. Se dovessi morire di morte violenta, che cosa sceglieresti?
Per prima cosa mi tocco le palle e poi ti rispondo “aereo che precipita”… se proprio deve essere violenta che ci sia un minimo di spettacolo, effetti sonori e pubblico.
E cosa ci sarebbe scritto sulla tua lapide?
Ammetto che non ci avevo mai pensato… probabilmente ci metterei uno schermino LCD da 7″ con qualche filmato che gira, le foto di Facebook e una panchina con distributore di bibite. In fondo quello che faccio è intrattenere la gente davanti allo schermo, perché fermarmi da morto?
Un ultima domanda. Non deluderci. Sei abbonato al diavolo? Perché?
Perché gli avevo girato la pubblicità qualche anno fa e anche xkè… perchè ci sono degli amici che ci scrivono sù! E poi la satira è come l’olio piccante sulla pizza.
Tappermann
Paul è un venditore porta a porta di contenitori per alimenti. Piccole scatole di plastica con le quali sigillare i cibi tenendoli lontano da ogni contaminazione esterna. E la sua vita è proprio come uno di quegli alimenti, sigillata. Un giorno, un particolare evento, lo farà uscire dalla sua scatola di plastica.
Tapperman, prodotto dalla Imagofilm di Lugano e comprodotto dalla RSI è stato presentato alle 47 giornate del Cinema di Soletta e si appresta a calcare gli schermi di festival di tutto il mondo. Girato interamente in Ticino coinvolgendo professionisti del settore e studenti delle scuole dedicate all’audiovisivo del cantone.
Fotografie, trailer e maggiori informazioni le si trovano sul sito del progetto e sulla pagina del regista:
www.tapperman.com
www.albertomeroni.com