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Pensare a una città peggiore è difficile

Prefazione per il terzo volume del fumetto “Corvi & Topi” di Timothy Hofmann (timothyhofmann.com).

Pensare a una città peggiore è difficile

Una Lugano distopica è difficile da immaginare. Lugano è già una città altamente spiacevole e indesiderabile. Una città in cui si trovano allo stesso tempo gli aspetti peggiori di una piccola realtà coniugati con gli aspetti più fastidiosi di una grande città.  Il traffico di una metropoli, con i servizi di una borgata. Uno studio dice addirittura che, a livello viario, è la più pericolosa della Confederazione. Ogni centomila abitanti 0,36 persone rimangono uccise in incidenti. Lugano detiene il primato, in Europa, del più alto numero di automobili per abitante (seicentotrentasei macchine ogni mille abitanti). Una città che ha sostituito i bus elettrici con quelli a Diesel, che ha chiuso i canapai per lasciare in mano il mercato agli spacciatori di coca, in cui ci sono più telecamere di sorveglianza che fontane. Una città razzista e ottusa. Ci vivo da dieci anni e ho traslocato sei volte, la metà di queste case sono state abbattute per lasciare posto a costruzioni “alto standing” per russi annoiati. L’architetto e pensatore Tita Carloni diceva che Lugano era “forse il campione svizzero delle demolizioni del proprio tessuto vitale, ha continuato a demolire e ricostruire in sé stessa, con esiti spesso negativi sul piano sociale e sul piano architettonico e urbanistico.” Definirla città è già quasi troppo.

Lugano, la città in cui gli spazi socioculturali sono finanziati dalle banche. In cui c’è una sala teatrale da mille posti ma in cui le compagnie non trovano spazio per fare le prove. Lugano, la città in cui la massoneria ha una sede in centro con tanto di insegna retroilluminata. In cui Comunione e Liberazione ha i suoi uomini chiave nei centri di potere. In cui ho visto le menti miglior della mia generazione rovinate da un contratto di stage al “Dicastero giovani”. Lugano, la città che ha un Burger King all’interno del Municipio, giusto per ricordare a tutti chi comanda davvero. Lugano, la città che in vent’anni non è riuscita a trovare una sede per il centro sociale, in cui le panchine vengono eliminate e gli alberi tagliati, in cui poliziotti pieni di testosterone pattugliano il territorio, fra il deserto bancario del centro e i quartieri dormitorio della periferia. In cui i writer vengono arrestati e gli skater rinchiusi in recinti dorati. In cui vengono riciclati i soldi sporchi di mezzo mondo. Una città in cui la gente si suicida, potendo scegliere da quale autosilo buttarsi. Lugano è già altamente spiacevole e indesiderabile. Pensare a una città peggiore era difficile. Timothy Hofmann ci è riuscito. E se non prendiamo in mano la nostra città rischiamo di diventare davvero così.

Lugano, settembre 2015