Un racconto scritto per il concorso letterario indetto dal settore multimediale della rtsi legato alle "Giornate letterarie di soletta", che è stato inserito fra i premiati con le seguenti motivazioni " Al posto d’onore si collocano ex aequo i racconti di Olmo Cerri (Circuiti) e di Alberto Veronese (Sotto la neve). Il primo per il sotteso umorismo e la sua sana leggerezza: nel racconto Circuiti va in scena l’amore, ma senza enfasi, patetismi, l’amore paragonato ad una corrente elettrica, fatta di circuiti, incandescenze ed esplosioni. Il secondo per i suoi contrasti: Sotto la neve alterna infatti abilmente fiaba e tragedia, angoscia e fiducia, per raccontare una cupa coincidenza di morte."
> Qui il testo sul sito speciale del concorso
Circuiti
Nel pomeriggio del 20 maggio 1999 ho preso la prima scossa seria della mia vita. Stavo armeggiando con un interruttore male isolato, cercando di accendere la luce, quando una scarica di elettricità di intensità stimabile tra i 3 e i 20 milliampere, è passata attraverso il mio corpo. Ero sicuro che prendere la scossa fosse una di quelle cose per cui si muore di sicuro, uno di quegli avvenimenti che non ti danno scampo e che ti uccidono all’istante. E invece no. Eppure i miei genitori sono sempre stati molto onesti con me, soprattutto quando c’era di mezzo l’elettricità. Quando si trattava di impianti elettrici non mi trattavano come un bambino, avevamo un rapporto assolutamente onesto e sincero, direi “alla pari”. Se, per esempio, chiedevo informazioni sul "rischio temporale" mi spiegavano che il fatto di rimaner folgorati era un evento davvero molto raro, ma da non escludere completamente. Le statistiche con cui spiegavano questa evidenza erano probabilmente corrette "solo un bambino su dieci milioni viene colpito da un fulmine tornando da scuola", ma di certo non rassicuranti. Io, prudenzialmente, rincasavo sotto gli acquazzoni bagnandomi completamente, senza usare l’ombrello, la cui punta metallica avrebbe potuto (seppur solo in qualche rarissimo caso) attirare un lampo. Quanto erano possibilisti rispetto ai temporali, erano invece intransigenti sulle scosse: se metti le dita nella presa muori! Senza il beneficio del dubbio, senza possibilità di discussione.
È per questo che quel pomeriggio del 20 maggio quando, dopo aver preso la prima scossa della mia esistenza, mi sono ritrovato, seppur tremante e spaventato, ancora vivo, ho capito di non essere più un bambino. I miei genitori non erano infallibili e non avevano sempre ragione su tutto. Ho smesso di aver paura dei temporali.
Sei mesi dopo ho preso una seconda scossa, sempre con il medesimo interruttore che nel frattempo non era stato ancora riparato. Mentre sentivo la corrente scorrere dentro di me, già immaginavo il momento in cui avrei potuto raccontare ai miei amici di aver preso la scossa per la seconda volta senza esser morto. Sopravvivere una volta può essere questione di fortuna, due volte è evidentemente questione di costituzione superiore. Solo i "veri duri" ce la possono fare. Nella mia cerchia di amici c’era ancora molto timore dell’elettricità, tutti noi avevamo interiorizzato il dogma familiare "chi tocca i fili muore" e solo i più smaliziati fra di noi erano riusciti a liberarsi da questo retaggio. Prendere la scossa e sopravvivere, a quei tempi era motivo di vanto e ammirazione.
È grazie all’elettricità che ho conosciuto la mia prima fidanzata, era molto ferrata sul tema, figlia di elettricisti e libera da tutti quei pregiudizi rispetto alla corrente elettrica che abbondavano invece in tutte le altre ragazze della mia età. È stato certamente questo a farmi innamorare. Suo padre aveva dedicato una vita a tirare cavi dell’alta tensione, arrampicato imbragato su quelle torri Eiffel in miniatura che costellano le montagne, morto folgorato per una banale disattenzione. Mi spiegava che quando non si sa se un filo è sotto tensione è meglio toccarlo con la mano destra, in modo che la scarica elettrica possa andare a terra senza passare dal cuore. Mi raccontava che nel dubbio meglio toccare il filo con il dorso e non con il palmo della mano, in modo che se per reazione automatica i muscoli si chiudono, almeno non ci si blocca con il filo fra le dita.
Partivamo di primo mattino per la montagna, mano nella mano, poi lei all’improvviso senza smettere di camminare afferrava uno di quei fili arancioni che delimitano il pascolo delle vacche, la leggera scossa elettrica entrava nel suo corpo, lo attraversava ed arrivava a me. Dalla sua mano nella mia e poi a terra. Un gioco che ci faceva sentire uniti e complementari come i due poli di una batteria. Queste piccole scosse miglioravano il mio umore, mi facevano sentire vivo, mi facevano prendere coscienza della conducibilità del mio corpo, del mio essere pervaso da microcorrenti che mettono in comunicazione tutte le cellule del mio organismo.
La terapia elettroconvulsiva è stata criticata da tutti, e sicuramente è stata utilizzata troppo e male. Ma per quanto mi ricordo non mi ha fatto che bene, soprattutto da quando hanno introdotto le iniezioni di miorilassanti per evitare convulsioni. Mi ricordo solo i due elettrodi sulle tempie, l’odore della pasta salina che spalmavano per evitare le bruciature sulla pelle e nient’altro. Gli 0,9 Ampere che scorrono nel mio corpo risvegliano, almeno per qualche tempo, la voglia di muovermi, di vivere e di fare.
Spegneva la luce, si spogliava e nella stanza buia, tenendo una lampadina in mano, sfregava i piedi sulla moquette sintetica. Voleva rendere incandescente il filamento protetto dal bulbo di vetro con l’elettricità prodotta dal suo corpo. Mi chiedeva speranzosa: -si accende?- e io, se la giornata era abbastanza secca e ventosa, le rispondevo di si. Di fare l’amore con lei mi piaceva quello scambio di energia fra i nostri corpi.
Congratulazioni!
mi piace questa idea di un’ex-fidanzata mezza alchemista che gioca con l’elettricita’. dolce.
Un bacione.
Zia Ulacchia
P.s:wow, ho pure un link con il tuo blog!
Ciao Carla,
grazie per essere arrivata fino a qui.
Vado subito a leggermi il tuo testo, che i più curiosi possono trovare qui:
http://www.rtsi.ch/…3898&idc=28418&idq=1
Ti faccio avere poi un commenti via mail!
A presto!
Se vuoi, leggi il mio racconto. Ti sarei grata se tu mi dicessi la tua opinione.
Grazie!
http://oldcarla.splinder.com/
Bravo om!