Recensione uscita oggi su Area.
L’affascinante storia del hacking, raccontata attraverso un corale montaggio di interviste ai diretti protagonisti della scena del mediattivismo italiano, in un libro appena uscito, curato da Laura Beritelli ed edito dall’AgenziaX. Il volume, distribuito in libreria, è scaricabile gratuitamente dal web.
“10 anni di hacking e mediattivismo” è il sottotitolo, ma la saga della digital guerrilla italiana ha radici ancora più antiche. Siamo negli anni ’90, e le nuove generazioni di militanti cresciuti con i primi computer domestici approdano nelle occupazioni e nelle situazioni autogestite in tutta Italia. Con lo stesso spirito con cui negli anni ’70 si fondavano le radio libere, questi militanti informatizzati danno vita ad un arcipelago di progetti alternativi digitali. Lo scopo principale è quello di creare delle “isole” nella rete, spazi digitali liberati dove esprimere le voci dei movimenti, le rivendicazioni di lavoratori, migranti e in generale di tutti quei gruppi che nascono dal basso. Non basta più la comunicazione fatta attraverso striscioni e volantini, occorre attualizzare il mezzo attraverso il quale diffondere messaggi. L’informazione sta prendendo nuove strade e anche la controinformazione deve inevitabilmente adeguarsi.
Il termine Hackers è frequentemente usato dalla stampa per indicare dei “vandali informatici”, ma si tratta di una semplificazione fuorviante. L’Hacker è colui che si approccia all’esistenza con uno spirito curioso, e che vuole capire come funzionano le cose. È questa la spinta fondamentale che lo guida nella conoscenza approfondita dei computer, delle reti e dei sistemi di sicurezza. Per un certo periodo l’antagonismo europeo è stato all’avanguardia rispetto all’uso dell’informatica e i corsi tenuti negli “hacklab” potevano misurarsi con i seminari organizzati nelle principali università.
Con gli Hackmeeting, raduni di Hackers (o Acari, come ironicamente si autodefiniscono) che si tengono annualmente a partire dal 1998 in varie città italiane, si iniziano a gettare le basi per dei veri e propri network digitali alternativi che permettano di riflettere sulle potenzialità delle nuove tecnologie per quello che verrà presto definito come movimento no-global. In questi raduni si socializzano saperi, ci si scambiano conoscenze attraverso laboratori e corsi formativi.
In questo fermento controculturale digitale sono tre i progetti che negli anni acquisiranno maggior forza ed impatto nel movimento.
Nel lontano 1991 nasce “Isole nella rete”, server di movimento, viene messo online da Milano e presto diventa il luogo dove le realtà alternative presenti sul territorio possono trovare spazio informatico e visibilità per i propri contenuti e le proprie iniziative. È su di esso che in quel periodo muovono i primi passi le pagine di quasi tutti i centri sociali italiani.
La città di Seattle nel 1999 sarà invece il luogo di nascita di Indymedia. È il sito internet d’informazione di movimento per antonomasia. Si propone di raccontare in maniera “appassionata e radicale” la realtà. Grazie alla possibilità per gli utenti di postare le proprie fotografie, video e resoconti in prima persona diventa presto il punto di riferimento principale in occasione di manifestazioni, proteste ed incontri globali. Il sito approda anche in Svizzera dove a partire dal 2002 contribuirà in maniera importante alla copertura mediatica delle proteste contro il Forum economico di Davos e il G8 di Evian.
Infine, nel 2001 vede la luce il progetto Autistici/Inventati su un server dismesso da una banca ed acquistato per 15.000 lire da un gruppo di “acari” fiorentini e milanesi. “Autistici” per la particolare condizione solitaria e apparentemente distaccata dal mondo di chi lavora per ore davanti ad un terminale, mentre a “Inventati” corrisponde la vasta possibilità creativa offerta da questi stessi computer. L’idea è quella di offrire strumenti informatici appropriati per chi lotta (caselle di posta elettronica, spazio web, ma anche mailing-list, chat, messaggistica anonima e piattaforme blog) che abbiano elevati standard etici e di tutela della privacy.
Un’alternativa reale, funzionante e di facile accesso alle proposte commerciali. A dieci anni dall’attivazione del servizio, nonostante i sequestri, le denunce e le inchieste aperte contro questo progetto i risultati sono straordinari. Quasi 10’000 caselle e-mail, 1’500 siti e 3’000 blog. Il progetto sopravvive grazie alle sottoscrizioni dei suoi utenti e al lavoro quotidiano di volontari che mantengono in attività un network di server posizionati in diversi paesi del mondo.