Xenofobia quotidiana – Tanto va la gatta al lardo

Articolo pubblicato sull’ultimo numero del quindicinale satirico “Il Diavolo“.

Questa lezione
val bene un pezzo di formaggio.

(Jean de La Fontaine,
da Il corvo e la volpe)

Uomini e topi
Uff, si fa sempre più fatica a redigere questa rubrica! A getto continuo vengono sfornate pubblicità-spazzatura. Sempre meno divertenti e sempre più preoccupanti. Diventa difficile scegliere. Anche a costo di rischiare di dare risalto ulteriore alla campagna, parliamo dei topi xenofobi di balairatt.ch. Impossibile non notare le affissioni che hanno fatto scorrere fiumi di parole e sono tornate a soffiare sulle braci dell’odio anti-italiano che arde sotto la cenere almeno dai tempi di Schwarzenbach (li ricordate i 30’000 bambini italiani clandestini che non andavano a scuola e crescevano nascosti nelle loro case?) e che riaffiora in occasione di ogni partita della nazionale azzurra.

Iniziamo da alcune considerazioni dal punto di vista squisitamente grafico: lo sfondo è quello bianco e rosso delle chiamate ufficiali dell’esercito svizzero. Lo stesso già usato per le percore nere dell’UDC. È proprio dalla sezione ticinese di questo partito xenofobo capitanato da Blocher, il 327° uomo più ricco del mondo, che è partita questa campagna. Tre grossi ratti, dalle fattezze stereotipate straniere (un lavoratore frontaliero, un rumeno e un politico italiano) si contendono la ricchezza elvetica, rappresentata da una forma di formaggio con i buchi. Qualcosa di molto simile si era già visto con i corvi della votazione contro i bilaterali. Lo slogan è in dialetto “bala i ratt”, in modo che risulti comprensibile solo ai “nostri”. A corollario di questo sono stati create pagine in internet, gruppi facebook e tutta quella roba che va di moda fra i giovani da quando è morto Kurt Cobain. Affissioni a tappeto, una campagna strutturata costata decine di migliaia di franchi. I padani si sono improvvisamente accorti che c’è qualcuno più a nord loro. Le istituzioni si distanziano, i sindacati si indignano. Addirittura i comunisti di Verbania prendono posizione (li avevate mai sentiti nominare?). Pierre Rusconi manda degli sms confusi a degli amici giornalisti, – Non so ancora usare bene il T9 – si giustificherà poi il presidente dell’UDC. Giuliano Bignasca fa un tiro di coca e farfuglia qualcosa contro i rom. Rodolfo “Dexter” Pulino rilascia dichiarazioni a casaccio raccontando di uno scherzo goliardico che ha fatto ai suoi ex compagni di partito.

Sorci verdi
Qualche istante di mistero su chi potrebbero essere i mandati della campagna ma presto Michel Ferrise (pubblicitario che si presenta alle conferenze stampa in camicia nera), quello che ci aveva lasciato indifferenti con la trovata del bacio saffico per pubblicizzare una stazione scistica ha dichiarato: “Mi hanno chiesto di trovare un’idea originale che portasse i ticinesi ad aprire gli occhi su determinate questioni.” E ha poi continuato, giusto per esplicitare la sua visione dello straniero “Ho scelto i ratti perché sono qualcosa di spregevole e contengono in sé il concetto di derattizzazione”. Etimologicamente parlando è però la parola “derattizzazione” che contiene in sé il concetto di “ratto”, e non il contrario. Ma, almeno fosse un’idea originale… Vediamo in rapida sequenza alcuni dei momenti della storia in cui questo paragone era già stato utilizzato.

1903 – Sul Fudge del 6 giugno 1903 una vignetta mostra lo zio Sam sulla banchina di un porto attorniato da ratti-migranti che insidiano il suolo americano. La nave da cui scendono porta l’insegna “l’invasione giornaliera dei nuovi immigrati direttamente dai bassifondi d’Europa”. Uno di questi ratti avrebbe potuto essere il bisnonno di Ferrise, potenziale emigrante calabrese negli States. Memoria corta?

1925 – Nel best seller “Mein Kampf”, Adolf Hitler definisce il popolo tedesco come “nemico naturale dell’orrenda infestazione”

1940 – Quel simpatico comunicatore che era Joseph Goebbels ha preceduto il nostro Ferrise paragonando gli ebrei ai ratti. Nel finto documentario di chiaro stampo propagandistico intitolato “Der ewige Jude” vi sono lunghe sequenze in cui i ratti escono dai tombini per invadere e mettere in pericolo la Germania e l’Europa (vedi il blog di yabasta).

1986 – Nel coinvolgente graphic novel “Maus”, di Art Spigelman gli ebrei sono dei ratti antropomorfi, i nazisti dei gatti. Ma qui l’intento è quello di mostrare le atrocità del nazismo partendo dai racconti del padre dell’autore, sopravvissuto al campo di sterminio di Auschwitz. Al contrario del pasticciaccio di Ferrise, questa è una piccola opera d’arte.

2004 – L’UDC, in una campagna referendaria, rappresenta i suoi avversari politici come dei ratti rossi.

Fai anche tu la raccolta separata delle pub-spazzatura. Aiutaci a ritrovare i “gemelli separati nella culla”. Invia le tue segnalazioni (eventualmente corredate di fotografia) a redazione@ildiavolo.com. Non abbiamo bisogno di sistemi per l’allungamento del pene. Astenersi perditempo!

Gemelli separati nella culla (Ferrise special edition)
Che il Ferrise non fosse un grande pubblicitario, lo si era capito, e che non fosse uno dalle vedute molto aperte, anche. Un’altra delle sue opere è il logo per la promozione turistica di Bosco Gurin. Ideona: usare il profilo delle montagne riempiendolo di bande colorate. Peccato che ci avessero già pensato i creativi sudtirolesi per il logo della loro regione turistica. Plagio? Volontà di creare un legame grafico fra le due popolazioni di montagna? Un altro caso da manuale di “Gemelli separati!” nella culla brillantemente risolto!

La pub dei lettori
Ci scrive Marco, lettore melomane zurighese: “Mi permetto inviarvi questa segnalazione per la vostra rubrica sulle azioni pubblicitarie degne di nota. Chi non conosce lo spot pubblicitario dell’UBS ‘We will not rest’.” Quello con un susseguirsi di importanti eventi storici in bianco e nero. “Esso è arricchito dalla voce di Maria Callas che canta – O mio babbino caro – un’aria dell’atto unico Gianni Schicchi di Puccini. Una bel brano senza dubbio! La cosa assume una nota ironica tendendo conto che l’opera racconta la storia di un imbroglio, con monumentale falsificazione di documenti, commesso proprio dal ‘babbino caro’. Candida innocenza bancaria, arroganza del potere o finissima psicologia di comunicazione? In ogni caso l’UBS non si smentisce mai e non smette di stupirci …” Grazie mille caro Marco, probabilmente l’imbarazzante accostamento è stato causato dalla macanza di un traduttore italofono che potesse segnalare agli esperti comunicatori UBS il contenuto del testo gorgheggiato dalla Divina. Stanno già pianificando la seconda parte della campagna in cui verrà usata come colonna sonora “Il gatto e la volpe” di Bennato – lo slogan sarà “di noi, ti puoi, fidar!