Siamo tornati da una settimana in giro in auto nel sud della Francia ecco un breve resoconto e una selezione delle fotografie scattate!
Prima tappa Marsiglia, sulle note dei Massilia Sound System visitiamo la città. Bella, grande, viva e crocevia di persone provenienti da tutto il mondo. Se chi dice di aver paura ad uscire di casa a Besso, si facessero un giro per le vie di questa città si renderebbero conto di cosa significa una città in cui la percentuale di stranieri è davvero alta.
A Marsiglia è in corso una vera e propria guerra immobiliare, tutta una serie di palazzine storiche abitate dalla popolazione meno abbiente viene ristrutturata e trasformata in appartamenti di lusso. Edifici vuoti lasciati alla rovina in attesa del momento giusto per investire. Ovunque adesivi con le lettere OM incrociate, non un omaggio a questo blog ma al glorioso Olympique Marseille la seguitissima squadra di calcio locale. Mangiamo pesce fritto al porto ed un abbondante cuscus in un locale completamente ricoperto di piastrelle nel quartiere arabo.
Visitiamo la casa bastimento "Unité d’Habitation" dell’architetto svizzero Le Courbusier. Sembra uscita da un film di fantascienza degli anni ’70. Lunghi corridoi scuri in cui si aprono illuminate e colorate, le porte dei 337 appartamenti in cui potrebbero vivere almeno 1500 persone. Grandi spazi verdi all’esterno, un tetto-piazza da cui si gode una vista mozzafiato. Asilo, biblioteca, ristorante e ampi spazi comuni all’interno, una casa città in cui non sembra brutto vivere.
Ci spostiamo poi a Les Goudes, quartiere periferico della città che costeggia il mare, è ancora un villaggio di pescatori ed è qui che ha la sua casa-rifugio Fabio Montale, il poliziotto con un passato torbido protagonista della trilogia marsigliese di Jean-Claude Izzo.
Da qui partono le Calanques, immense scarpate di roccia bianca che scendono a strapiombo sul mare. Un’immensa zona protetta con un’aria imponente e magica. Scendendo ripidi sentierini si arriva al mare, accessibile difficilmente fra scogli pieni di vita.
Dopo una giornata a piedi fra le rocce, tornati al paesino faccio un rapido bagno in un mare freddo e mosso.
Poi ci rimettiamo in macchina, Manu dimostra tutte le sue abilità di guidatrice provetta per districarsi nel traffico cittadino, che nulla ha da invidiare a quello di Napoli. Nei grandi boulevard a sei corsie le macchine si incrociano e strombazzano senza logica apparente.
Ci fermiamo nei pressi di Avignone, piacevole cittadina medioevale celebre per il suo ponte incompleto e per aver tentato di sottrarre a Roma la sede papale. Oltre agli immancabili turisti in viaggio organizzato troviamo un sacco di affissioni e di adesivi politici, sotto alle sembianze di placida cittadella sembra muoversi un fermento culturale non da poco. Non rimaniamo abbastanza per approfondire.
Passiamo poi per l’immenso mercato di Carpentras dove comperiamo fragole, salsicce, verdure e lavanda e arriviamo a Fontaine de Vaucluse. Dovrebbe essere una delle principali e più imponenti sorgenti francesi in cui l’acqua sgorga dopo un lungo percorso sotteraneo e scorre all’interno del paesino. In verità si tratta della più grande trovata acchiappaturisti del sud della francia. La fonte c’è ed è anche carina, una specie di laghetto roccioso con fiumiciattolo annesso e acqua azzurrina che ha ispirato il Petrarca per le sue "chiare, fresche e dolci acque". Ma tutto attorno è sorto un labirinto di percorsi obbligati di venditori del peggior ciarpame immaginabile. Scappiamo abbastanza in fretta, bottegai permettendo.
Scendiamo nelle Camargue, già durante la lunga strada che attraversa l’area protetta lungo la foce del Rodano, si ha la sensazione di essere in un luogo particolare. Contiamo di incrociare il pellegrinaggio gitano che si svolge proprio in questi giorni a Saint Marie de la Maire.
Gitani, da tutta Europa si ritrovano qui, due volte l’anno (in maggio e in ottobre), per festeggiare la patrona santa Sara. È qui che le due Marie fuggite in barca dalla Terra Santa approdarono dopo un naufragio. Secondo alcuni santa Sara fu la prima a riconoscere la santità delle due naufraghe, secondo altri Sara era anch’essa sulla barca. A parte le diatribe religiose ci ritroviamo in un piacevole paesino di mare pieno zeppo di camper, roulotte e famiglie di gitanti. Chiediamo uno spazio in un campeggio, ci dicono di andarcene, poi sottovoce ci spiegano che non prendono persone "non gipsy" per questioni di sicurezza e di igiene. Ci mandano ad un secondo campeggio dove invece i residenti sono tutti turisti e la sicurezza è garantita da tre camionette di gendarmi che stazionano nella zona.
In città invece questa sensazione di Apartheid non si avverte. Zingari e no sono tutti mescolati nella grande festa che invade ogni angolo del paesino. Gruppi che suonano ai bordi delle strade, ragazzine ballano il flamenco, cibo, rumore, spazzatura e profumi di cibo.
Nella cripta sotto la chiesa fa un caldo d’inferno. Centinaia di candele bruciano in contemporanea, il calore è tale che si sciolgono prima di essersi consumate. La processione davanti alla santa è continua, c’è un rapporto molto fisico, quasi carnale con la grande statua nera, super-imbottita e coperta da stoffe colorate. Chi la bacia, chi le sussurra richieste nelle orecchie, chi gli appende al collo collane colorate e fotografie sbiadite. Sara-la-Kali (la nera) non reagisce.
Poi la statua viene sollevata e portata in processione per le vie del paese. Cavalli, salmodiatori, crocifissi a gogo e telefonini per fotografare il passaggio della santa che va ad immergersi in mare. Fra le onde eccezionalmente alte e il vento che spinge la sabbia finissima delle Camargue negli occhi della folla.