20 minuti di banalità

Articolo uscito sul quindicianale satirico “Il Diavolo” di qualche settimana fa.

Ubi maior minor cessat

Scusa, caro 20 minuti, se ultimamente ci siamo occupati poco di te. È che l’uscita in contemporanea dell’orribile fogliaccio di BB (non Brigitte, quell’altro) 10 minuti, ha fatto passare in secondo piano la tua pochezza editoriale. Grazie al facile paragone con il tuo concorrente leghista ci si è quasi dimenticati che da mesi ormai stai invadendo il Ticino con quintali di carta che diventa subito straccia e soprattutto con un modo barbaro di fare informazione. È un po come se hai il raffreddore e ti amputano una gamba, non è che poi ti lamenti perché ti cola il naso, no?

Scusa 20 minuti, sei arrivato, quasi in punta di piedi e ci hai conquistato subito. Sei gratis. Questo è forse il tuo unico pregio. E ad una cosa gratis è difficile rinunciare. Lo sanno bene i pusher che distribuiscono la droga gratis così poi ne diventi dipendente. (Ma esistono poi davvero? Io non ne ho mai trovato uno, ahimè…).

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La prima volta che ho fotografato un arcobaleno

Mi sono sempre chiesto come mai in almeno metà delle buste di fotografie (vi ricordate quando ancora vi erano le buste di fotografie) ci fosse una foto di un arcobaleno. Che non mi era mai passato per la testa di fotografare un arcobaleno. Di solito sono foto bruttine, grigiastre, con l’arcobaleno piccolo e scolorito.

Ma oggi mentre stavo tornando a casa è uscito un arcobaleno bellissimo che non ho proprio potuto resistere e ho scattato. E ho capito all’improvviso perché la gente fotografa gli arcobaleni. Che magari non fanno nemmeno una foto in tutto l’anno, tranne che per il compleanno dei figli e poi quando c’è un arcobaleno sentono l’impulso irrefrenabile di andare a cercare la macchina, tirarla fuori dalla custodia e fotografare. Un arcobaleno.

Che poi l’arcobaleno passava in mezzo alle case popolari e che questa cosa si prestava a metafore legate alla giustizia sociale.

Che poi le foto dell’arcobaleno non servono a nulla e non le attacchi nemmeno sugli album.

Febbre tifoide: come fabbricare un’emergenza sociale in quattro mosse!

Articolo apparso sul quindicinale satirico “Il Diavolo” di venerdì 6 aprile 2012.

In Ticino gli Hooligans, in un’ipotetica classifica di impopolarità, sono surclassati soltanto da rom e molinari. Ma da dove nasce questo astio e questa acredine (non avrei mai pensato di poter usare questo sostantivo) rispetto ad una categoria sociale che fino a pochi anni fa era quasi del tutto sconosciuta alle nostre latitudini? Eppure di scazzottate fra ambrìpiottesi e luganesi, ce ne sono sempre state. È proprio su questo tema che verte l’inchiesta “Oltre la curva” da cui abbiamo attinto i dati di questo articoletto. L’interessante servizio è stato curato dalla pluripremiata giornalista d’inchiesta Serena Tinari ed è stata trasmesso alcune settimane fa dal nostro buon Falò. Potete rivedervelo online: qui

Holigani dangereux!
Tolleranza zero, stadi securizzati, videosorveglianza, diffide, concordati e leggi speciali. Un imponente apparato repressivo che però sembra non essere giustificato da un reale aumento della violenza (avrei voluto usare la parola recrudescenza ma mi sembrava veramente eccessivo).
La violenza in occasione di eventi sportivi è diventata notizia. I media amano raccontare con enfasi, senza lesinare dettagli truculenti, ogni scaramuccia. Non c’è telegiornale (e neppure la cronaca locale e quotidiana ne è esente) in cui non ci si compiaccia di mostrare i tifosi come violenti senzacervello assetati di sangue. Ed è facile veicolare questa idea, basta portare a casa immagini sfocate e confuse e il poliziotto di turno non farà mancare una qualche dichiarazione esagerata, magari tenendo in mano un dado di porfido a prova di presunte violente sassaiole. Il dado di porfido in questione è sempre lo stesso, è dagli scontri al Tassino degli anni ’90 che la polizia cantonale se lo porta appresso e lo mostra ad ogni intervista. Viene conservato in una valigetta securizzata e estratto all’occasione. Nei corridoio di via Bossi il sampietrino è affettuosamente chiamano “Dido”. Continua la lettura di Febbre tifoide: come fabbricare un’emergenza sociale in quattro mosse!

Holiganismo, davvero un fenomeno in aumento?

Non perdere il servizio di Falo’ di Serena Tinari in onda giovedì 8 marzo 2012, ore 21.10, le repliche sono previste su LA1 venerdì 9.3 a partire dalle 01.35 su LA2 sabato 10.3. alle 12.00 e alle 01.55.

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Oltre la curva

camera Angela Meschini, Olmo Cerri, Mark Müller, Patrick Botticchio. Suono Peter e Markus Luginbühl, Rolf Buettikofer. Montaggio Adrian Perez. Grafica Erika Bardakci. Ha collaborato Markus Gerber, Gina Pressmann, Monika Schläpfer, Oliver Spieser, Carlo Zoppi. Si ringrazia TeleTicino, Patrick Della Valle, Valerio Marchi.

Negli ultimi anni, gli “hooligans” hanno conquistato le prime pagine dei giornali svizzeri. Ma è davvero un fenomeno in aumento? L’inchiesta di Falò, realizzata in Ticino e Oltre Gottardo, raccoglie i dubbi degli esperti e dà la parola ai protagonisti. Dai tifosi alla polizia, passando per media, club e avvocati, questo documentario a tinte forti ci fa scoprire che la realtà degli stadi è complessa, ma non tutto è come viene dipinto dai resoconti dell’attualità. Un viaggio avvincente – con molte sorprese – in un mondo poco conosciuto.

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In vetrina

Da “La vetrina” de La Rivista di Lugano di venerdì 2 marzo (pagina 5) – di Marina Buttiglione

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La scena è pronta, i protagonisti concentrati, la luce è quella giusta. Ciak, si gira! Finalmente il momento è arrivato, la produzione entra nel vivo e il regista dirige attento i primi attimi del suo documentario. L’emozione è tanta, la tensione alle stelle, ma tutto sembra procedere nel migliore dei modi. L’importante è non avere fretta perché la premura, in questo campo, è cattiva consigliera. Ne è convinto Olmo Cerri, che precisa: «spesso bisogna farsi sorprendere dagli eventi senza seguire rigidamente la tabella di marcia. Quando si produce un documentario non c’è nulla di più bello che “rubare” momenti di vita inaspettati, attimi imprevisti e magici allo stesso tempo».

Questa settimana incontriamo un giovane aspirante regista. Ambizioso, entusiasta e sicuro di sé, sa che per emergere nel campo dell’audiovisivo non basta la passione: ci vogliono dedizione, serietà, rigore. Frequenta a Lugano l’ultimo anno del conservatorio internazionale di scienze audiovisive (Cisa) e presto potrà tentare la strada del professionismo. Si è avvicinato alla cosiddetta «settima arte» anche perché, in essa, intravvede una splendida opportunità, quella di abbinare il cinema all’impegno sociale. Dopo la maturità sociosanitaria, Olmo si è diplomato presso la Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana conseguendo una specializzazione in lavoro sociale. Durante la sua formazione ha avuto varie esperienze lavorative. Continua la lettura di In vetrina

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