Il diritto di essere contro!

Qualche anticipazione dall'elaborato di Laboratorio SUPSI di quest'anno…

Mi sento spesso dire che non occorre schierarsi “contro” alle cose, sarebbe molto meglio essere “per"[2]. Questa sciropposa critica,  viene rivolta, spesso e volentieri da più parti, ma mi pare bisognosa quantomeno di qualche precisazione.

Questo modo di pensare fa parte dell’insopportabile buonismo di un certo tipo di sinistra (a cui appartengono anche tutta una serie di operatori sociali, ma non solo) che ha come massimo riferimento culturale ed espressione di ribellione l’agenda di Smemoranda e l’ascolto di Jovanotti[3] (due prodotti culturali piacevolissimi ma non certo sufficienti ad una visione lucida dei problemi sociali). Sono sicuro che ci siano momenti storici in cui è necessario “essere contro” perché la situazione sociopolitica è tale che prima di poter costruire qualcosa di nuovo occorre spazzare via il vecchio che avanza, che occupa spazio, ruba tempo e spreca energie.

“Oggi che i belli spiriti della società globale sembrano quasi infastiditi dall'essenza negativa della critica e che, dalla religione delle merci alla merce delle religioni, sempre più forti appaiono le seduzioni della verità oracolare dei vari persuasori non troppo occulti, è bene ricordare che non c'è critica – e, dunque, non c'è vera autonomia dell'individuo – senza un "esser-contro", senza un opporsi, senza una protesta.”[1]

I partigiani erano “contro” il fascismo, perché in quel momento era necessario far piazza pulita della follia collettiva esistente. Era di prioritaria importanza “essere contro” con tutti i mezzi necessari (anche la lotta armata, fatta di uccisioni e violenza). Il periodo attuale, con le dovute proporzioni, è altrettanto pregno di barbarie (questa volta neoliberiste), inaccettabili quanto quelle del ventennio fascista, forse solo un po’ meno truculente ed un po’ più educorate. È quindi necessario ancora una volta essere “contro”: per preparare il terreno per una proposta costruttiva che verrà poi, dobbiamo iniziare a sognarla e ad immaginarla e nel limite del possibile metterla in pratica, ma non dobbiamo dimenticare quali sono i principali ostacoli alla sua attuazione. Devo sostenere la lotta “contro” i treni ad alta velocità in Val di Susa, sarebbe ridicolo essere “per montagne senza buchi” o “per treni lenti”. Quando è lo stato di cose attuali ad essere messo in discussione in peggio, occorre opporsi ai cambiamenti, occorre “essere contro”. Sono “contro” al copyright e al diritto d’autore tutelato ad ogni costo, perché mi impedisce di essere “per” la libera circolazione del sapere. Essere “contro” alla pena di morte implica il lottare “per” il diritto di ognuno ad avere una vita degna di essere vissuta. Quando il poco che ci resta non viene messo in discussione possiamo essere propositivi e ragionare “per” migliorarlo. “Contro e per” sono due aspetti della medesima visione del mondo, le due metà del cerchio, ambedue necessarie e complementari.

Ci sono cose talmente orribili, anacronistiche e fuori luogo che è assolutamente necessario farle scomparire (penso per esempio alle nuove forme di fascismo, agli abusi del lavoro precario, agli ingenti danni provocati dagli organismi transnazionali). Poi verrà il tempo delle proposte, che vanno preparate già sin da ora ma, come per fare la pasta occorre attendere che l’acqua bolla (prima di buttarla), anche nella creazione di un mondo diverso e più giusto occorre seguire la giusta sequenza di procedure.

Altro spettro spesso evocato dai “contro-contro” è quello dell’indiscutibile fatto che, usando il linguaggio negativo, si condiziona il pensiero di conseguenza. Penso però anche che avere una visione chiara di ciò che si vuole combattere, di ciò a cui si vuole “essere contro”, ci permette di organizzare il nostro pensiero. Stilare un elenco di priorità, focalizzare i problemi principali lasciando nello sfondo le questioni secondarie, serve a non inciampare in errori logici e a non incappare nella dissonanza cognitiva che ci fa confondere i piani e le cornici di significato.

Sono sicuro che l’organizzazione neoliberista del servizio pubblico sia da contrastare! Fatico poi a capire se in alternativa a questo sia più desiderabile un buon servizio pubblico statale o se magari preferirei un tipo diverso di organizzazione, magari basato sull’autogestione popolare in cui le moltitudini si organizzino in comunità e, facendo a meno dello stato centrale, riescano a rispondere ad ogni bisogno ritenuto utile (compresa la distribuzione capillare della posta). Ci penserò su, ma intanto mi sento autorizzato ad essere “contro le privatizzazioni” e “contro a tutto quello che non mi va”, senza ancora riuscire a scorgere all’orizzonte il “sol dell’avvenir” [4]. Secondo Foucault la prima definizione generale della critica è la seguente: l'arte di non essere eccessivamente governati[5]”. Voglio poter fare critiche distruttive e rivendico il diritto di sputare nel piatto in cui mangio. Rivendico il fatto di predicare bene e di razzolare meno bene, e di essere, almeno nella mia testa, contraddittorio e incoerente e me ne assumo le conseguenze: essere contro significa spesso stare ai margini, stare dalla parte del torto e dell’insuccesso. Vedremo a chi questa volta, la storia, darà ragione[6].


[1] A. Tagliapietra, Esser contro in "XÁOS. Giornale di confine", Anno I, n.1 2002 http://www.giornalediconfine.net/n_precedente/art_1.htm

[2] Una filosofia delle preposizioni deve ancora essere scritta (…) Sul significato della particella "contro", tuttavia, non sembrano esservi dubbi. "Contro" esprime opposizione, reazione, avversione, ostilità, contrasto. "Esser-contro" è, quindi, il modo di pensare e di vivere di chi dissente, di chi protesta, di chi rifiuta.

[3] Lorenzo Cherubini, Penso Positivo (nel CD Lorenzo 1994),
 “io credo soltanto che, tra il male e il bene, è più forte il bene, io penso positivo perché son vivo, perché son vivo”

[4] "Fischia il Vento", canzone della Resistenza partigiana. L'autore del testo è probabilmente F. Cascioni. La musica si richiama a quella di un famoso canto popolare russo "Katjusha".

“Fischia il vento, urla la bufera, scarpe rotte eppur bisogna andar, a conquistare la rossa primavera, dove brilla il sol dell'avvenir.”

[5] Foucault Michel, Archivio Foucault. Interventi, colloqui, interviste. 1. 1961-1970 Follia, scrittura, discorso
recensione di Villa, R., L'Indice 1997, n. 8

[6] L’esclamazione “la storia mi darà ragione” è stato usato da più parti: nel testamento di Benito Mussolini, da Bush a proposito dell’Iraq e da Blair a proposito del rovesciamento del regime di Saddam. Almeno per ora, nonostante più o meno blandi tentativi revisionistici, la storia sta dando ragione a chi è stato “contro” questi pensieri forti.

3 commenti su “Il diritto di essere contro!”

  1. Avere il coraggio di mettersi “contro” nella tua accezione, ed ormai di questi tempi, non più ad un tiranno ma ad una società serva di un’economia impostata all’insegna del massimo profitto è un’impresa difficile ma sicuramente degna. I partigiani lottavano in gruppi contro un tiranno, le sue squadre e la sua ideologia, ora il tiranno è più arduo da trovare, la trama si è infittita; la democrazia neoliberista ha la caratteristica di essere anonima, con le sue società anonime e in nome di questa tanto considerata democrazia si compiono veri e propri progetti colonialistici per accaparrarsi nuove piazze di smercio. La guerra in Iraq è stata la prima nella storia a cui nell’organizzazione della stessa hanno partecipato società private e anonime. Mister Bush all’inizio si è posto “contro” il terrorismo e poi quando ha perso consensi “per il progetto delle democrazie” ma in entrambi i casi si è posto per nessuna delle due cose, lo scopo è un progetto economico e politico essenziale alla continuità della supremazia neoliberista.
    Infine è proprio vero che chiedere a qualcuno di porsi “pro” piuttosto che “contro” è come chiedere a qualcuno se per favore può mascherare in modo dialettico quello che vuole dire per essere più indiretto ed infine più innocuo e silenzioso.

  2. Ciao Chissà,
    non posso che essere d’accordo con te, e mi pare, nel testo sopra, di aver spiegato in maniera chiara i modi e il senso di essere contro. È sicuramente solo un punto di partenza, non ci si può limitare a criticare, ma sarebbe anche difficile evolvere senza criticare.

  3. Chissa’ se siamo davvero contro quando ci sfugge l’ arte ineludibile del procurarsi o del prendersi i mezzi.
    Ad essere contro si fa’ presto ma ad esserlo praticamente e’ tutt’ altro: ci vogliono gli strumenti a meno che non stiamo parlando di contraddizioni virtuali, lotte ideologiche o opinionismo a basso costo.
    I partigiani con gli espropri o col furto si procuravano le armi per essere contro non solo a chiacchiere.
    Che poi il mondo migliore da fare sia sempre rimandato alle calende greche e’ davvero vizio religioso in versione laica: no grazie.
    Urlare di essere contro gli sfratti e non occupare delle case e gestirle quotidianamente fa il paio col potere che le case le nega.
    Bisogni pratici in ogni caso quotidiani a cui bisogna dare corpo e sangue invece che slogan.

    Tutti hanno il “diritto” di essere contro questo e contro quello ma nei fatti non si puo’ rimanere nel resistenzialismo missionario. O sei in grado di contare socialmente e nel quotidiano o sei solo una delle tante voci-troppe-che affollano il cielo virtuale della politica.

    I mezzi si fanno qui e ora e non e’ indifferente il modo di costruirli e il come li si costruisce. Poi se uno vuole fare il contro senza mezzi che qualche vaporosa opinione e qualche urletto mediatico faccia pure.
    Ad ognuno il suo.

    Il contro ha necessariamente una dimensione costruttiva oppure si va’ alla guerra disarmati. E allora andate, andate pure.

    Vogliamo distruggere tutto e riscostruire e come?
    Con quale forza si fa il tabula rasa?
    come vien fuori sta’ forza e come comincia a sgretolare il tutto?
    Forse con i picconi o a mani nude?

    L’ autogestione e l’ autorganizzazione cominciano pure da qui e comunque stanno nel quotidiano e nella quotidianeita.
    Chi si chiama fuori da questa dimensione e’ buono solo per fare lo spettacolo dell’ antispettacolo.

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