Quella della precarizzazione e del modo in cui molti laboratori protetti per disabili si procurano i lavori, può sembrare una questione “tecnica”, ma mi sembra importante come osservazione dell’operato di un’istituzione sociale all’interno del mondo in cui la circonda. Il mondo lavorativo esterno si sta precarizzando o, più elegantemente: flessibilizzando. La preoccupante situazione sta iniziando ad essere analizzata da esperti ed economisti1 e i risultati mostrano quasi sempre che la precarizzazione porta disagio, insicurezza2 e malessere ai lavoratori mentre porta consistenti benefici economici alla classe padronale.
Quasi tutti i laboratori protetti si iscrivono in maniera perfetta in questa nuova ottica, funge in qualche modo da “filtro” o da cuscinetto protettivo. Un laboratorio che cerca di consolidare la precarietà: ovvero offrire agli utenti-lavoratori un certo margine di sicurezza (contratto a tempo indeterminato, salario fisso non legato alla produzione, orari e ritmi personalizzabili secondo i bisogni). Sfrutta però uno dei meccanismi della precarizzazione del lavoro e della globalizzazione: l’esternalizzazione di parte della produzione.
Continua la lettura di Laboratori protetti in balia del precariato