Archivi categoria: Lavoro sociale

Riflessioni più o meno critiche sul dorato mondo del lavoro sociale

Laboratori protetti in balia del precariato

Quella della precarizzazione e del modo in cui molti laboratori protetti per disabili si procurano i lavori, può sembrare una questione “tecnica”, ma mi sembra importante come osservazione dell’operato di un’istituzione sociale all’interno del mondo in cui la circonda. Il mondo lavorativo esterno si sta precarizzando o, più elegantemente: flessibilizzando. La preoccupante situazione sta iniziando ad essere analizzata da esperti ed economisti1 e i risultati mostrano quasi sempre che la precarizzazione porta disagio, insicurezza2 e malessere ai lavoratori mentre porta consistenti benefici economici alla classe padronale.

Quasi tutti i laboratori protetti si iscrivono in maniera perfetta in questa nuova ottica, funge in qualche modo da “filtro” o da cuscinetto protettivo. Un laboratorio che cerca di consolidare la precarietà: ovvero offrire agli utenti-lavoratori un certo margine di sicurezza (contratto a tempo indeterminato, salario fisso non legato alla produzione, orari e ritmi personalizzabili secondo i bisogni). Sfrutta però uno dei meccanismi della precarizzazione del lavoro e della globalizzazione: l’esternalizzazione di parte della produzione.

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Volontariato: la buona coscienza della cattiva società

Per inaugurare la sezione sul lavoro sociale inserisco questo testo a proposito del "volontariato obbligatorio" proposto agli studenti SUPSI del DLS a partire da quest'anno…

Perchè servono i volontari e come se ne potrebbe fare a meno
Il fallimento nella nostra società, non è più legato alle fasce più povere della popolazione o a coloro che, per sfortuna o per incapacità, non sono più in grado di provvedere a loro stessi. Il fallimento è diventato parte integrante, strutturalmente insita, nel mercato, e si è completamente slegato dalle qualità (oggettive o soggettive) di chi ci si trova confrontato. È sempre meno relazionabile a questione di bravura, capacità o abilità, ma sempre di più alla probabilità. “Un mercato in cui il vincitore prede tutto si presenta come una struttura competitiva che predispone al fallimento un gran numero di persone capaci[1]”.

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Militanza vs. volontariato

Affinità e divergenze fra volontariato e militanza, pare che frati cappuccini e squatters napoletani a volte s'intendano…

“Non so bene, non so dirti dove nasca quel calore, ma so che brucia, arde e freme, trasforma la tua vita e non lo puoi fermare, una sorta di apparente illogicità,ti fa vivere una vita che per altri è assurdità, ma tu fai la cosa giusta, te l'ha detta quel calore, ti brucia in petto è odio mosso da amore [1]”

Lavora con generosità, non badando a ricompense gratificatorie o economiche: ma perché ci credi [2].

 Nei centri sociali, non si fa volontariato, si milita. Apparentemente l'agire pratico potrebbe apparire simile, in ambedue i casi alcune persone di loro spontanea volontà decidono di dedicare più o meno tempo ed energie ad un'attività socialmente utile. Ma le differenze sono stostanziali. La militanza all'interno di un centro sociale produce come effetti collaterali tutta una serie di servizi e di vantaggi per la popolazione, ma non sono questi benefici il fine ultimo del militare, sono solo un mezzo attraverso a cui si tenta di raggiungere un obbiettivo radicale di mutamento totale di questo tipo di organizzazione sociale e un nuovo mondo di intendere le relazioni fra le persone. Il CSOA il Molino negli ultimi anni, ha servito migliaia di pasti caldi a prezzi popolari (e spesso anche gratuitamente), di questo servizio hanno potuto beneficiare studenti, disoccupati, workingpoor, migranti, clandestini, viaggiatori, persone con pochi o addirittura senza soldi. Non per questo sarebbe corrette dire che il Molino è una mensa, le differenze sono lampanti. La mensa è solo uno delle modalità scelte (ne abbiamo e  ne stiamo utlizzando altre) per raggiungere l'obbiettivo rivoluzionario e che ci permette di iniziare, già sin da ora, a vivere collettivamente e secondo alcuni principi, un argomento importante quale è l'alimentazione. Il fatto di aver sfamato delle persone (e di esserci sfamati) è sicuramente un'attività utile e preziosa all'interno della realtà urbana luganese, ma non è che una piacevole conseguenza del nostro agire.

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Lavoro e disintegrazione sociale

Uno stralcio dell'elaborato su lavoro e integrazione nel quartiere di Pregassona Bassa (Luppi, Cerri, SUPSI DSAS, 2005)

Per quanto riguarda il tema del “lavoro come mezzo di integrazione” possiamo dire di esserci fatti un’opinione abbastanza precisa. Nella maggior parte del materiale distribuitoci durante il modulo, il lavoro era descritto da vari personaggi come uno degli elementi essenziali all’integrazione. Quello che abbiamo potuto constatare è che questa idea non corrisponde più alle nuove tendenze della società postfordista. Anche in Svizzera, durante gli anni di boom economico, la manodopera straniera, quella degli immigrati (perlopiù di origine europea), era richiesta e assimilata dall’industria. I lavoratori che si spostavano rispondevano ad un preciso bisogno dell’economia del tempo erano i cosiddetti "Gastarbeiter". La politica adottata era piuttosto di tipo universalista, era più facile per un lavoratore fruire di tutta una serie di diritti.

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La follia del lavoro come strumento d’integrazione

Uno stralcio dell'elaborato su lavoro e integrazione nel quartiere di Pregassona Bassa (SUPSI DSAS, 2005)

 Nella società occidentale, ed in particolare a partire dalla seconda metà del Novecento, il lavoro è intimamente connesso all'essere, alla morale e all'immagine di sé dell'individuo.[1]

Con il lavoro ci presentiamo, mostriamo agli altri dove siamo socialmente posizionati e diamo un senso al nostro stare al mondo “(…) il lavoro ha raggiunto una tale onnipotenza che in realtà non esiste più alcun concetto opposto al lavoro. Una società senza lavoro appare come una società senza centro[2]. Il lavoro quindi, non più solo come strumento per procurarsi le risorse necessarie alla sopravvivenza ma anche (e soprattutto) produttore di senso del proprio stare al mondo e di rapportarsi all'altro. Nella nostra società il lavoro è un bisogno umano centrale, soddisfa i bisogni finanziari, organizza e struttura il tempo, favorisce i contatti interpersonali, permette di condividere esperienze con gli altri e produce obbiettivi esterni da perseguire, insomma contribuisce allo sviluppo di un'identità personale.

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