Ah, che bell’ò café, pure in carcere ‘o sanno fà, co’ ‘a ricetta ch’a Ciccerenella, compagno di cella ci ha dato a mammà. (Fabrizio De André)
La quasi totalità degli anziani ticinesi e una consistente fetta di non anziani, beve abitualmente per colazione e spesso anche per cena il “cafelach”. Viene assunto in tazzoni o scodelle: spesso si tratta soltanto di surrogato di caffè a base di cicoria con una consistente quantità di latte. Qualcuno ci aggiunge zucchero e pezzettini di pane, altri zwieback (in gergo “i Zibàc”). È un piatto povero che per pochi centesimi sostituisce la cena, probabilmente retaggio dei tempi di guerra in cui da mangiare c’era poco per tutti e supportato dalla salda convinzione scientifica che “fa bene avere qualcosa di caldo in pancia prima di andare a dormire”. Autobotti di caffelatte vengono consumate quotidianamente e senza scalpore in Ticino, quando ecco che arriva la Emmi, il gruppo svizzero dell’industria del latte, che si mette a farne la pubblicità. Continua la lettura di Il caffè della Peppina