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Panchine: un’utopia realizzata

Questo articolo, pubblicato sul numero di maggio di Voce Libertaria è una rielaborazione del post "L’opera Buffa".

 “Les gens qui voient de travers, pensent que les bancs verts, qu’on voit sur les trottoirs, sont faits pour les impotents ou les ventripotents. mais c’est une absurdité, car, à la vérité, ils sont là, c’est notoir’, pour accueillir quelque temps les amours débutants.” Georges Brassens

Torno a parlare di panchine, proprio sul numero dedicato al primo di maggio, in quanto le stesse sono Condicio sine qua non, per praticare in maniera efficace e piacevole l’ozio urbano, quale atto di resistenza contro la produttività ad ogni costo. È evidente, la morfologia del territorio urbano condiziona il nostro modo di essere. Le telecamere generano insicurezza, gli orologi posti ad ogni angolo della città ci aiutano ad essere puntuali, la rarefazione delle cabine telefoniche invita all’uso dei telefonini, la sparizione delle fontanelle promuove la privatizzazione dell’acqua. Ogni scelta urbanistica condiziona il nostro modo di vivere e di pensare la città. “Le fate abitano i boschi e non potrebbero abitare altri luoghi; la connessione tra individuo e luogo è fondamentale per la caratterizzazione dell’individuo e del luogo, non appare plausibile che le fate possano abitare le periferie urbane mantenendo la loro configurazione” scrive Adriano Paolella nel suo "Abitare i luoghi, insediamenti, tecnologia, paesaggio" stampato dai tipi della Biblioteca Franco Serantini. In città, per conservare e rivendicare le nostre peculiarità di esseri umani, abbiamo bisogno di panchine almeno quanto le fate hanno bisogno di alberi per conservare la loro magia. Continua la lettura di Panchine: un’utopia realizzata

L’opera buffa

Le panchine erano rosse, è risaputo, "dalle panchine potrebbe partire una rivoluzione, quindi assieme a tutti gli spazi di socialità vengono eliminate." Oggi sono di cemento armato, e ad angolo retto, ma la carica rivoluzionaria intrinseca in questo genere di arredamento urbano è rimasta immutata, così come il timore e l’impegno delle autorità per circoscrivere questo dilagante fenomeno.

E quando queste non possono essere eliminate, magari perché parte integrante della struttura di cemento armato, come è il caso delle panchine attorno all’aula magna dell’Università di Lugano, bisogna trovare altre soluzioni. In questo caso si è pensato bene di impedirne l’accesso posando delle catene di plastica.

 

 

Il problema è che queste panchine, pur essendo scomode e fredde, venivano comunque utilizzate dalla popolazione. La parte di popolazione che da fastidio, quella che potrebbe traviare i bravi e ricchi studentelli sbarbati della facoltà luganese.  Continua la lettura di L’opera buffa