“E noi che figli siamo beviamo, beviamo
e noi che figli siamo beviamo in società”
Vomitiors, gruppo punk ticinese, Bevono i nostri padri
Voglia di Cazzöla
Vabbé, con questa recensione sono in ritardo, lo ammetto. Avrebbe dovuto apparire nello scorso numero, quando le foglie sugli alberi ancora non avevano incominciato a cadere. Ma la sconcertante quanto fulminea campagna “bala i ratt”, ha rubato la scena a questa pub, certamente minore, ma non per questo meno brutta e pacchiana. Corriamo ai ripari dando il giusto spazio ai manifesti che pubblicizzano la – parappapà – Festa d’Autunno di Lugano e che sono stati affissi in tutto il sottoceneri (e forse anche oltre).
Raggi UVA
Una delle vie della Lugano che conta, fa da sfondo a due piacenti ragazzotte. La bionda è vestita con un abito tipicamente ticinese (abbiamo tutti in mente le nostre nonne con questi cucchiaini in testa). La seconda (mora naturalmente) indossa un incomprensibile pulloverino di cachemire turchese, proveniente dritto dritto dalla boutique all’angolo. Persino per evocare la tradizione si utilizzano modelle giovanissime, procaci e si mette in mostra il corpo femminile. La prima tiene sottobraccio un cesto di uva, quella nera potrebbe forse essere di produzione locale, quella chiara è evidentemente uva bianca a chicco grosso, importata dall’Italia o dal Sud-Africa. Il tutto per pubblicizzare la “Festa d’Autunno”. Brutta copia della sagra di Mendrisio, tanto desiderata dai consiglieri comunali della lega che ancora non hanno superato il lutto della perdita dell’eugualmente falso “Corteo della Vendemmia”. Questa finta festività fa parte di quel tentativo di creare un Ticino “tradizionale” del tutto immaginario, che da un paio di secoli i pubblicitari nostrani (i Ferrise a quel tempo non erano ancora approdati in Ticino) stanno promuovendo. L’edificazione di questo paese delle meraviglie, ha ricevuto una sferzata di energia a partire dagli anni ’30 quando è nata l’Associazione Ticinese per il Turismo, che si è inventata tutta una serie di feste, da quella della Vendemmia a quella della Camelie. Alcune di queste feste hanno avuto vita breve, oggi nessuno si ricorda più della Festa dell’Ippocastano (300 intossicati alla prima edizione) e della Eternit-Fest, messa ben presto fuorilegge, (se ne trova traccia soltanto nelle repliche del Regionale storico, la mattina presto su La1). Il folklore artificiale era promosso, oggi come allora, da imponenti campagne cartellonistiche. Agli inizi del secolo si promuoveva un Ticino meridionale e mediterraneo (casette di un bianco abbagliate che si specchiano su laghi blu), solo più tardi sono arrivate le palme a due passi dalle montagne innevate. Continua la lettura di La sagra della penna USB