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Una raccolta di cose che ho scritto ma che non dovete sentirvi obbligati a leggere

Alliuchenit!

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Non di solo pane.

Il posto migliore, per il mangiare, in Isvizzera è stato a Lichtestain, a mezz’ora dalla dogana. C’avevo anche il biglietto con il nome ma l’ho gettato. Un cinese. Che io non mi fido dei cinesi, non avevo mai mangiato dai cinesi, ma in Isvizzera sarà certo controllato. Che con venti euro mangi quello che vuoi, carne, manzo, maiale, agnello, anche l’anitra, ho mangiato pure l’anitra, e poi il pesce, tonno, salmone, spada, gamberoni, frutti di mare, conchiglie. Quello che vuoi. Verdure, melanzane a fette, zucchine, peperoni. Insalata. Roba cinese. Venti euro. Lo scegli da dei banconi e metti il numero tre se lo vuoi piccante, uno se lo vuoi poco piccante, due se lo vuoi così così. E te lo portano al tavolo. Cucinato. E se non ti va lo lasci e lo portano via. Ti puoi alzare quante volte voi, nessuno guarda. I camerieri tutti cinesi, i cuochi italiani, o almeno, non cinesi, si vedeva. Se vuoi mangi con le bacchetto o se no ti danno la forchetta e il coltello normale. Due o tre birre dieci euro ma le paghi a parte. Che se no, a parte a Lichtestain, in Isvizzera mangiare costa caro e non è così buono. Poi eravamo anche andati in crociera. Palermo, Napoli, Savona, Marsiglia, Siviglia e Tunisi. Che mangi quanto vuoi e poi quando arrivi nei porti puoi scendere a visitare la città. Siamo scesi a Palermo, Napoli, Savona, Marsiglia e Siviglia ma a Tunisi no. A mio padre non ci piace l’Africa. E poi pioveva. Che era l’unico giorno del 2012 che pioveva in Africa e chi è sceso si è bagnato. L’unico giorno che pioveva a Tunisi nel 2012 l’abbiamo beccato noi. A Savona siamo scesi ma non valeva tanto la pena però non pioveva.

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Due foto

Ho fatto due foto col natel che mi sembravano belle.

In una c’è un po’ di gente che fuma prima di andare a lavorare insieme su un set. E mi sembrava che quelle facce lì, messe lì così, sedute lì così, sulla ringhiera, con quella luce lì così, fossero belle tutte insieme. E ho pensato che a quella gente lì, seduta così a fumare, lì sulla ringhiera, prima di andare a lavorare su un set, con quella luce lì io ci volevo bene. Poi però i colori erano brutti e allora l’ho messa in biancoenero. E mi è venuto il titolo “pendagli da forca” o “teppaglia”. Con affetto però.

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L’altra invece è stata scatta alla fine di quella stessa giornata. Erano forse l’una o le due di notte e c’era Ste con la faccia stanca, che aveva già la faccia stanca due ore prima, e l’ho visto da lontano che era fisso a guardare questa pubblicità. Ed è rimasto a guardarla per almeno un minuto, che io ho avuto tempo di avvicinarmi da in fondo alla strada e scattare la fotografia e lui è rimasto lì, come imbabolato a guardare le due signore di Calzedonia. Poi è andato in auto e si è addormentato sul sedile dietro. Chissà che cosa ha sognato.


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Pensare a una città peggiore è difficile

Prefazione per il terzo volume del fumetto “Corvi & Topi” di Timothy Hofmann (timothyhofmann.com).

Pensare a una città peggiore è difficile

Una Lugano distopica è difficile da immaginare. Lugano è già una città altamente spiacevole e indesiderabile. Una città in cui si trovano allo stesso tempo gli aspetti peggiori di una piccola realtà coniugati con gli aspetti più fastidiosi di una grande città.  Il traffico di una metropoli, con i servizi di una borgata. Uno studio dice addirittura che, a livello viario, è la più pericolosa della Confederazione. Ogni centomila abitanti 0,36 persone rimangono uccise in incidenti. Lugano detiene il primato, in Europa, del più alto numero di automobili per abitante (seicentotrentasei macchine ogni mille abitanti). Una città che ha sostituito i bus elettrici con quelli a Diesel, che ha chiuso i canapai per lasciare in mano il mercato agli spacciatori di coca, in cui ci sono più telecamere di sorveglianza che fontane. Una città razzista e ottusa. Ci vivo da dieci anni e ho traslocato sei volte, la metà di queste case sono state abbattute per lasciare posto a costruzioni “alto standing” per russi annoiati. L’architetto e pensatore Tita Carloni diceva che Lugano era “forse il campione svizzero delle demolizioni del proprio tessuto vitale, ha continuato a demolire e ricostruire in sé stessa, con esiti spesso negativi sul piano sociale e sul piano architettonico e urbanistico.” Definirla città è già quasi troppo.

Lugano, la città in cui gli spazi socioculturali sono finanziati dalle banche. In cui c’è una sala teatrale da mille posti ma in cui le compagnie non trovano spazio per fare le prove. Lugano, la città in cui la massoneria ha una sede in centro con tanto di insegna retroilluminata. In cui Comunione e Liberazione ha i suoi uomini chiave nei centri di potere. In cui ho visto le menti miglior della mia generazione rovinate da un contratto di stage al “Dicastero giovani”. Lugano, la città che ha un Burger King all’interno del Municipio, giusto per ricordare a tutti chi comanda davvero. Lugano, la città che in vent’anni non è riuscita a trovare una sede per il centro sociale, in cui le panchine vengono eliminate e gli alberi tagliati, in cui poliziotti pieni di testosterone pattugliano il territorio, fra il deserto bancario del centro e i quartieri dormitorio della periferia. In cui i writer vengono arrestati e gli skater rinchiusi in recinti dorati. In cui vengono riciclati i soldi sporchi di mezzo mondo. Una città in cui la gente si suicida, potendo scegliere da quale autosilo buttarsi. Lugano è già altamente spiacevole e indesiderabile. Pensare a una città peggiore era difficile. Timothy Hofmann ci è riuscito. E se non prendiamo in mano la nostra città rischiamo di diventare davvero così.

Lugano, settembre 2015

Sindaco di Lugano (se fossi il)

Una volta ho abitato in una casa in cui il balcone dava sulla strada in cui nessuno guardava mai in su. Io alla mattina uscivo nudo sul balcone e fingevo di essere il sindaco.

Io se fossi il sindaco di Lugano trasformerei tutti gli svizzerotedeschi in giamaicani.

Io se fossi il sindaco di Lugano farei che ognuno può costruire le case alte quanto vuole ma senza usare la gru.

Io se fossi il sindaco di Lugano taglierei tutte le palme.

Io se fossi il sindaco di Lugano un anno per provare farei andare i fuochi d’artificio del primo di agosto di giorno per vedere che cosa succede.

Io se fossi il sindaco di Lugano darei al Dug il dicastero cultura, allo Ste socialità, all’Ale Martinetti Sicurezza e Sport, all’Ema Finanze ed Economia e all’Atti Sviluppo territoriale. Gli altri dicasteri prima di assegnarli dovrei pensarci un attimo.

Io se fossi il sindaco di Lugano andrei a tutte le feste cercando di entrare senza pagare.

Io se fossi il sindaco di Lugano farei i bus di un altro colore.

Io se fossi il sindaco di Lugano farei che per legge la chiave di casa va lasciata nella bucalettere, così si risolvere il problema degli scassinatori.

Io se fossi il sindaco di Lugano Piazza Dante la chiamerei Piazza Inno. Perché Dante, chi? Invece Inno è chiaro.

Io se fossi il sindaco di Lugano non vorrei avere un Burgerking nel mio stesso palazzo. Che un mio amico non sapeva dov’era il municipio di Lugano gli ho dovuto dire che era sopra il Burgherking.

Io se fossi il sindaco di Lugano toglierei tutti gli skater dallo skatepark e li farei andare in giro per le strade.

Io se fossi il sindaco di Lugano intitolerei una strada a Ursula Andress.

Io se fossi il sindaco di Lugano sostituirei la funicolare con quello scivolo a forma di coccodrillo degli anni ’80.

 

Era un bar così bello, aveva tutto quello che doveva avere.

Era un bar così bello, aveva tutto quello che doveva avere. Il bancone lucido, gli amari, il distributore di goldoni nei bagni, i quotidiani “aggraffati”, il videopoker, le vetrine con le fotografie sbiadite delle pizze, le panchine ad angolo imbottite, la pigna di “Ticino by Night” con il concorso “la cameriera più frizzante”, la vetrinetta delle brioches aggiustata con lo scotch, le brioches con la marmellata gialla, a natale le luci intermittenti blu e le ghirlande spelacchiate, il menù del giorno, il pannello con le foto dei gelati, le bariste procaci che fumano, il televisore sempre acceso a manetta sul canale musicale, la monstera deliciosa in un angolo, le oliere unte, le tazze sbeccate, i tovaglioli di carta plastificati, i sottopiatti con gli sponsor, le noccioline salate con il cucchiaino per l’aperitivo, la pizza hawaii e le scaloppine al vino bianco nel menu, il vino rosso da due franchi al bicchiere, la gazzosa al mandarino, i cremini, l’odore di fritto, e il nome semplice e rassicurante.

E poi aveva quattro, recensioni su TripAdvisor che riporto qui quasi integralmente perché le trovo davvero tenere.

Il locale non è il massimo della bellezza estetica però una volta entrati e seduti si dimentica subito tutto e si sta bene!

Il locale al suo interno non sarà il massimo ma è comunque dignitoso.

Il locale è squallido, brutto e sulla strada, ma la pizza è ottima e le cameriere sempre gentilissime.

Il panorama non è “allegro” (si trova sul viale di fronte al cimitero), ma entrando nel locale e leggendo il menù ci si scorda tutto…

La prima volta che ho mangiato il guacamole

La prima volta che ho mangiato il guacamole me la ricordo bene, potrei dire anche l’anno andando a cercare, che era l’anno prima di fare la SUPSI e dovevo fare uno stage in un posto in cui c’erano delle stagiste più grandi di me, molto belle, che avranno avuto non so ventidue o ventitre anni.

Il giorno in cui terminavano lo stage avevano organizzato una piccola festa e avevano portato il guacamole. E giù tutti a parlare di guacamole, io lo faccio così, tu cosa ci metti, il pomodoro, il succo di lime, eccetera. E poi si intestardivano: no, ma il VERO guacamole si fa così o cosà… Tutti esperti di guacamole.

Io non avevo mai sentito parlare del guacamole e mi sono sentito proprio strano ad essere l’unico in quella stanza a non aver mai assaggiato il guacamole e a non avere niente da dire sul tema. E c’era anche la Jessica che mi piaceva di brutto che sembrava molto a suo agio con il guacamole e allora ho fatto l’indifferente. L’ho provato e non è che mi sia piaciuto tantissimo.

Noi gli avocadi a casa li mangiavamo solo di rado, tipo a natale, con il cocktail di gamberi. Non mi sono mai piaciuti tanto.
Poi ho provato a farlo anche io il guacamole e ogni tanto, quando gli avocadi sono troppo maturi, tipo questa sera, lo faccio ancora, ma mi rimane sempre l’idea che sia una cosa un po’ snob.
Mi sembra molto più proletario mangiare l’avocado come fa Ste che ci toglie il seme e riempie il buco di maiones e poi lo mangia con il cucchiaino.

Cmq il vero segreto del guacamole è la polverina pronta che gli da quel buon gusto di guacamole standard. Tutti gli altri restano solo degli avocadi schiacciati.

E poi certi dicono LA guacamole. Secondo me è maschile perché fatto con l’avocado. IL guacamole. E vedendo come reagisce stizzito il correttore automatico di Textedit forse, il plurale di avocado, resta avocado e non avocadi.

Un ultimo appunto sull’avocado: prima che avessimo un gatto, nel salotto di casa avevamo una pianta di avocado grandissima, con delle belle foglie verdi e lucide che a Natale ci mettevamo su addirittura le bocce. Ma poi è arrivato il gatto che arrampicandosi sulla pianta ha staccato tutte le foglie.