Acquistato allo scorso HackMeeting, entusiasmante libro: per una recensione completa vi rimando al blog di Leo, segnalo soltanto due frammenti (visto che la licenza CC, scelta da AgenziaX, lo permette)!
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Cose che mi sono successe o a cui ho assistito, recensioni di vita
365 libri da leggere prima di morire – Bolo Bolo
“365 libri da leggere prima di morire” è il titolo della rubrica che Rete Due della RSI propone per tutto l’anno, quotidianamente alle 17.50 con replica l’indomani alle 6.20 di mattina, dedicata alla passione della lettura.
21.05.09 P.M.: Bolo Bolo, presentato da Olmo Cerri (ascolta sul sito di Rete 2)
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La prima volta che ho letto Bolo Bolo avevo forse sedici anni. Qualcuno si era preso la briga di fotocopiare questo libro. Ne aveva poi lasciate in giro diverse copie, spillate, in modo da diffondere questo testo che, evidentemente, non solo per me è stato di estrema utilità ed interesse.
Mi auguro che in tutte le persone ci sia stato almeno un momento della vita, in cui la realtà in cui si era immersi, il mondo di tutti giorni, è parso stretto, ingiusto, e che necessitasse di cambiamenti. Io questo libro, o meglio, questa raccolta di fotocopie, l’ho trovata proprio in quel periodo della mia vita, che forse (me lo auguro) non ho ancora del tutto lasciato alle spalle. Continua la lettura di 365 libri da leggere prima di morire – Bolo Bolo
Panchine: un’utopia realizzata
Questo articolo, pubblicato sul numero di maggio di Voce Libertaria è una rielaborazione del post "L’opera Buffa".
“Les gens qui voient de travers, pensent que les bancs verts, qu’on voit sur les trottoirs, sont faits pour les impotents ou les ventripotents. mais c’est une absurdité, car, à la vérité, ils sont là, c’est notoir’, pour accueillir quelque temps les amours débutants.” Georges Brassens
Torno a parlare di panchine, proprio sul numero dedicato al primo di maggio, in quanto le stesse sono Condicio sine qua non, per praticare in maniera efficace e piacevole l’ozio urbano, quale atto di resistenza contro la produttività ad ogni costo. È evidente, la morfologia del territorio urbano condiziona il nostro modo di essere. Le telecamere generano insicurezza, gli orologi posti ad ogni angolo della città ci aiutano ad essere puntuali, la rarefazione delle cabine telefoniche invita all’uso dei telefonini, la sparizione delle fontanelle promuove la privatizzazione dell’acqua. Ogni scelta urbanistica condiziona il nostro modo di vivere e di pensare la città. “Le fate abitano i boschi e non potrebbero abitare altri luoghi; la connessione tra individuo e luogo è fondamentale per la caratterizzazione dell’individuo e del luogo, non appare plausibile che le fate possano abitare le periferie urbane mantenendo la loro configurazione” scrive Adriano Paolella nel suo "Abitare i luoghi, insediamenti, tecnologia, paesaggio" stampato dai tipi della Biblioteca Franco Serantini. In città, per conservare e rivendicare le nostre peculiarità di esseri umani, abbiamo bisogno di panchine almeno quanto le fate hanno bisogno di alberi per conservare la loro magia. Continua la lettura di Panchine: un’utopia realizzata
Il caffé che macina tutto
Passare al tritacarne un bel progetto di scrittura e riflessione collettiva? Ci pensa il Caffé, con i suoi titoli mediocri. Il progetto originale è di Flavio Stroppini che per oltre un mese intrattiene scambi epistolari sul tema della crisi con me e con altre cinque persone. Ne escono fuori riflessioni più o meno interessanti, raccolte e montate con intelligenza da Flavio. Il titolista del caffé riassume in un banalizzante "Un grande Fratello sulla crisi". Un intervista ad un panettiere potrebbe quindi essere intiolata "Un grande fratello in panetteria"… Vabbé, appena sarà pubblicata leggetevi il testo originale che vale. Divertente la didascalia "scrittore", assolutamente immotivata, accanto alla mia foto, la presentazione originale era "Olmo ha 25 anni, lavora nel sociale, scrive, realizza video, racconta storie…". Probabilmente hanno ragione, io sono scrittore almeno quanto la Guenzi è giornalista e il caffé fa informazione…
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h.g.
Entri in una stanza con delle seggiole rosse che sembra la sala d’aspetto di un dentista. Ogni tre minuti una porta si apre e fa entrare una delle persone in attesa. Ti viene consegnata una torcia, e delle cuffie olofoniche che riproducono il suono come viene percepito dalle orecchie umane (il brevetto di questo tipo di riproduzione del suono è in mano all’ex bassista dei Nomadi).
Entri in una stanza buia, pareti, pavimento e soffitto neri. La voce che proviene dagli auricolari inizia a darti delle indicazioni, entra da li, fermati, ascolta, guarda. Dopo un po’ ti dimentichi di avere le cuffie sulla testa e ti puoi perdere completamente nella storia di Hansel e Gretel che, riveduta dai tipi del Trickster Teatro diventano h.g. Una storia "animalesca, crudele e spietata" che si rivela ancora più misteriosa ed avventurosa grazie al percorso da farsi a carponi, fra gli alberi, al buio, facendosi guidare dal profumo di panpepato e cercando di non smarrirsi nell’"installazione a stanze" che ti avvolge e ti confonde più che la più buia delle foreste.
Per Google sono colpevole
Ieri, mi arrivato una mail da parte del "Google Video Team". Sto per cestinarla ma ci do comunque un’occhiata: mi avvertono che uno dei miei video (Ripetutamente: vita da SUPSI) è stato nascosto per presunta violazione dei diritti di copyright relativi a del materiale contenuto nel file.
Può essere interessante precisare che si tratta di un video realizzato da un gruppo di studenti di cui faccio parte, nell’ambito di un corso della SUPSI (una scuola universitaria), sotto la supervisione di un docente e che ha ricevuto vari apprezzamenti. Un esercizio didattico quindi, realizzato senza nessun tipo di scopo di lucro e all’interno di un’istituzione formativa riconosciuta, con una distribuzione limitatissima.
Ma tutto questo non importa all’onnipresente gigante gentile che grazie al suo fiammante "Content Identification tool" ha scovato la violazione e ha provveduto a bloccare l’accesso al video. Continua la lettura di Per Google sono colpevole