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Cartoline da Lugano

Alcuni spunti dal lavoro finale SUPSI che ho recentemente consegnato…

Autobiografie urbane
Mi affascinano le storie, mi piace ascoltarle, inventarle e raccontarle. Mi affascinano le persone, mi piace ascoltarle, conoscerle e raccontarne. Storie e persone sono quindi i due pilastri fondamentali di questo lavoro. Storie e persone si muovono seguendo i percorsi segnati dalle strade, che collegano le città. Le storie si muovono tramite le persone, che le raccontano, le divulgano e le tramandano. Le persone sopravvivono grazie alle storie; storie sottoforma di sogni, progetti e racconti del proprio percorso di vita. Le persone sopravvivono grazie alle storie, che rendono immortali i loro protagonisti, almeno fino a quando ci sarà qualcuno disposto a raccontarle e a tenerle vive. Ancora di più mi piacciono le storie sotterranee, quelle con la “s” minuscola, le storie “dalla parte sbagliata della storia” le piccole storie che nessuno mai racconta, che però contribuiscono a creare, come affluenti di un fiume in piena, il flusso della Storia.

Non ho mai visto una cartolina con su Molino Nuovo (i video):
Assieme alle persone (tre uomini e una donna) che hanno avuto voglia di accompagnarmi in questo percorso, abbiamo girovagato fra le strade della “periferia” luganese. Abbiamo guardato la città e ci siamo guardati, con degli altri occhi.

> Introduzione (con L. Pezzoli)
> Remo contro!
> Mi chiamo Mauro (disponibile anche in versione .mov)
> Come se ci fosse un muro
> Guarda la Frankie
> Postfazione (con L. Pezzoli)

È disponibile un DVD che include i sei video. È possibile richiedermelo o masterizarsene una copia. Qui la copertina (in formato .jpg). Grazie al CAD (Centro di Accoglienza Diurno) Ingrado di Viganello.

> La mappatura delle "Cartoline" con google maps: geografie interiori ed urbane s’intersecano

La follia del lavoro come strumento d’integrazione

Uno stralcio dell'elaborato su lavoro e integrazione nel quartiere di Pregassona Bassa (SUPSI DSAS, 2005)

 Nella società occidentale, ed in particolare a partire dalla seconda metà del Novecento, il lavoro è intimamente connesso all'essere, alla morale e all'immagine di sé dell'individuo.[1]

Con il lavoro ci presentiamo, mostriamo agli altri dove siamo socialmente posizionati e diamo un senso al nostro stare al mondo “(…) il lavoro ha raggiunto una tale onnipotenza che in realtà non esiste più alcun concetto opposto al lavoro. Una società senza lavoro appare come una società senza centro[2]. Il lavoro quindi, non più solo come strumento per procurarsi le risorse necessarie alla sopravvivenza ma anche (e soprattutto) produttore di senso del proprio stare al mondo e di rapportarsi all'altro. Nella nostra società il lavoro è un bisogno umano centrale, soddisfa i bisogni finanziari, organizza e struttura il tempo, favorisce i contatti interpersonali, permette di condividere esperienze con gli altri e produce obbiettivi esterni da perseguire, insomma contribuisce allo sviluppo di un'identità personale.

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