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L’opera buffa

Le panchine erano rosse, è risaputo, "dalle panchine potrebbe partire una rivoluzione, quindi assieme a tutti gli spazi di socialità vengono eliminate." Oggi sono di cemento armato, e ad angolo retto, ma la carica rivoluzionaria intrinseca in questo genere di arredamento urbano è rimasta immutata, così come il timore e l’impegno delle autorità per circoscrivere questo dilagante fenomeno.

E quando queste non possono essere eliminate, magari perché parte integrante della struttura di cemento armato, come è il caso delle panchine attorno all’aula magna dell’Università di Lugano, bisogna trovare altre soluzioni. In questo caso si è pensato bene di impedirne l’accesso posando delle catene di plastica.

 

 

Il problema è che queste panchine, pur essendo scomode e fredde, venivano comunque utilizzate dalla popolazione. La parte di popolazione che da fastidio, quella che potrebbe traviare i bravi e ricchi studentelli sbarbati della facoltà luganese.  Continua la lettura di L’opera buffa

Nazistelli con il senso dell’umorismo

C’è poco da dire, le scritte fasciste sui muri di Lugano compaiono con regolarità. La presenza di svastiche, celtiche e slogan che fanno rabbrividire, è direttamente proporzionale alle campagne razziste e xenofobe, antieuropeiste lanciate dalla destra in governo. La destra istituzionale in qualche modo promuove e giustifica l’esistenza dei nazistelli picchiatori nelle strade.

Mentre ero in giro per la città a fotografare affissioni per "classeur de pub" mi sono imbattuto in due scritte, la cui paternità non è certa, che mi hanno mosso un sorriso. A volte, invece che cancellare il messaggio che non si condivide, può essere utile alterarlo per cercare di modificarne il senso e di deformarne il significato originale. Un atto di Subvertising vero e proprio! 

 

 

Accanto all’ospedale Italiano alla scritta "No nazi" viene aggiunto un beffardo "No party", che riprende lo slogan del Martini e riesce in maniera simpatica (faccio fatica ad ammetterlo) ad esprimere il significato contrario a quello che il primo sprayer antifascista avrebbe voluto comunicare.

 

 

 

Il secondo grafito che mi ha colpito (qui a definizione migliore), lo si può trovare, sempre a Lugano, in una delle viuzze laterali che collegano il Viale Cattaneo con la via Serafino Balestra.

La prima mano, antifascista con un certo gusto poetico "Fascista attento che ancora fischia il vento" (di partigiana memoria). La seconda mano ha completato l’opera aggiungendo "Ci metteremo il pullover" e ha firmato con una celtica. Il tutto poi con l’aggiunta di slogan, tag e cancellature varie. L’obbiettivo dissacratorio contro una rima importante e d’impatto, è stato (ahinoi!) sicuramente raggiunto.

Confusione

Il locale si trova proprio a metà strada fra la centrale di polizia e il supermercato Migros, la brunetta con i denti da cavallo inizia a far caffé alle sei di mattina e sembra non finire mai. Fino a qualche anno fa questo posto si chiamava "Da Gregorio", ma è cambiato il proprietario, ora si chiama "Georgia", così non hanno nemmeno dovuto cambiare le lettere luminose dell’insegna, gli è bastato rimescolarle in un economico anagramma di neon. I tavoli di finta pietra sono rimasti gli stessi, le zuccheriere di vetro e acciaio sono sempre meno lucide, anche la clientela è rimasta quella, forse un po’ invecchiata. La brunetta con i denti da cavallo continua a servire caffé in maniera equa alle due categorie principalmente rappresentate fra la clientela. Commessi che vengono a bere qualcosa prima di iniziare il turno al supermercato e poliziotti che prima di entrare in servizio ne approfittano per farsi un macchiato.

Alla mattina è difficile distinguerli, assonnati, silenziosi e con gli abiti civili. Non hanno ancora indossato né il giubbino rosso mattone della Migros né la divisa cerulea della polizia cantonale. Ancora non sono schierati, ne da una parte ne dall’altra. Nel limbo si godono il caffé e sognano una vita diversa o, forse, se ne stanno solamente in silenzio in attesa di iniziare a lavorare. Nelle buie mattine novembrine seduti fianco a fianco e poi ognuno per la sua strada, ad allineare lattine di pelati sugli scaffali o a malmenare richiedenti l’asilo per strada. Che farà quel tipo con i baffoni che sembra Freddie Mercury? Me lo ritroverò al banco dei formaggi a consigliarmi la provola appena arrivata oppure sarà colui che vedrò occupato a menare le mani nel corso dello sgombero della casa vicina alla stazione? Non si sa, è ancora troppo presto, è mattina e la nebbia confonde la vista.

Un assordante silenzio!

Le persone che non fanno rumore sono pericolose.
Jean de La Fontaine (1621 – 1695)

Lugano ci riprova, torno alla carica contro il grande problema della città: il rumore. Vi ricordate di quel film interpretato da Benigni in cui Jonny Stecchino parlava di Palermo, dicendo che la città era afflitta da un grave problema: il traffico. Ecco, mi pare che con questa campagna ci si trovi più o meno nella stessa situazione. E che nessuno voglia leggere in questa frase un tentativo di correlazione fra mafia e sindaco di Lugano. Niente da dire sulle belle immagini in bianco e nero scelte dal consorzio di giovani grafici che ha ideato la campagna e che è stata affissa solo nel luganese. Mi scuseranno quindi i lettori che vivono nella periferia dell’impero se non sanno di che cosa si sta parlando. Sono grandi primi piani di volti interessanti trasfigurati in smorfie angosciate causate dal rumore eccessivo. Ho però come il sospetto che il "rumore" sotto accusa non sia quello prodotto dai voli in partenza dall’aeroporto di Agno, e nemmeno quello provocato dalle automobili che a getto continuo si riversano sgommando in città per occupare uno dei molti parcheggi abusivi ancora presenti. Sarà forse il rumore delle ruspe che demoliscono le case popolari per far posto ad appartamenti di lusso ad infastidire il committente dell’opera, oppure gli urli dei migranti pestati dalla polizia cittadina?

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Lassù qualcuno ti guarda: videosorveglianza a Lugano

Lo scorso finesettimana ci siamo ritrovati per il workshop di editing video, l’idea era quella di riproporre l’esperimento di "Flaneur", il video opensource sulla videosorveglianza girato a Bologna usando però l’imponente sistema di controllo video luganese.

La realizzazione di un video di questo tipo è abbastanza semplice: è necessario seguire una persona che cammina per le strade della città, riprendendola dal punto di vista delle videocamere di sorveglianza. Per raggiungere le camere eravamo dotati di una scala in alluminio da appoggiare alle pareti o ai pali su cui sono montate.

Quella che propongo qui è una versione provvisoria del corto che sarà ultimata e conclusa nei prossimi giorni.

 

 Sembra facile, ma nelle poche ore di ripresa abbiamo dovuto confrontarci e litigare con un sacco di persone…

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